Scotto: Pd per il sì al referendum Cgil, Meloni vuole sindacati amici

Andrea Carugati - Il manifesto
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Mario Rossi - La Repubblica

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Intervista a Il manifesto

di Andrea Carugati

Arturo Scotto, deputato Pd. I referendum della Cgil sul lavoro si avvicinano. Per il suo partito è un tema spinoso.

Voterò cinque sì. E farò campagna in tutto il paese perché ci sia una grande partecipazione. Ho firmato i referendum perché penso che il Jobs Act abbia rappresentato una frattura tra il centrosinistra e larghi strati popolari. All’epoca non lo votai e organizzai un’opposizione durissima. Ma quello che è successo ieri conta poco, è arrivato il tempo di fare un bilancio onesto. Il Jobs Act è stato già taglieggiato da tre sentenze della Corte costituzionale. Forse chi l’ha scritta, spacciandola per riformismo illuminato, dovrebbe porsi qualche domanda. Il contratto a tutele crescenti è stato dopato dagli incentivi. Finiti quelli, l’unica cosa che è rimasta è l’impossibilità di reintegrare un lavoratore licenziato senza giusta causa. Un’ingiustizia.

Il Pd cosa farà per spingere il quorum? Al vostro interno ci sono opinioni molto diverse sul Jobs Act.

Schlein ha detto che il nostro partito farà la sua parte. Lei ha vinto le primarie anche per il giudizio molto netto sugli anni in cui si è immaginato che il lavoro flessibile e precario avrebbe creato più opportunità e crescita. E ora ha riportato il Pd in mezzo al mondo del lavoro: questa oggi è la linea del partito.

L’obiettivo quorum resta molto difficile.

Nel 2016, al referendum sulle trivelle votò il 31%, e ci furono 12,8 milioni di sì. Alle politiche del 2022 la coalizione di Meloni ha preso 12,3 milioni di voti. Il giorno dopo il quesito sulle trivelle dissi a Renzi che con quei numeri rischiava di perdere il referendum costituzionale: perché si era creato un blocco politico ed elettorale a lui ostile. Ecco, io auspico che anche stavolta si crei una grande mobilitazione per il lavoro che faccia da massa critica.

Meloni, in casa Cisl, ha definito «tossico» il conflitto sociale e i sindacati che lo praticano.

La premier ha la cattiva abitudine di dividere il mondo in buoni e cattivi. Penso che tossico invece sia un sistema economico e produttivo – non oso dire un modello capitalistico – che scarica tutto sul lavoro: salari bassi, precarietà diffusa, orari di lavoro massacranti, crisi ambientali, paradisi fiscali, economia di guerra. Meloni ha in testa una società “armonica” dove la dialettica politica e sindacale nei fatti non esiste. Ma così si finisce alle care vecchie passioni corporative. Non mi piace il potere che sceglie di parlare con il sindacato che gli dice sempre di sì. Sarebbe l’anticamera di uno slittamento autoritario.

La neosegretaria della Cisl Daniela Fumarola ha ribadito che il salario minimo rischia di abbassare gli stipendi.

Guardo con molto rispetto alla nuova segretaria della Cisl – a cui faccio i miei migliori auguri – ma non condivido affatto. Si fa fatica ad esempio a negare che in Germania il sindacato esista e la contrattazione abbia un peso. Eppure lì il salario minimo c’è: lo ha introdotto Merkel, non una pericolosa bolscevica. Ed è stato un ombrello decisivo tra crisi pandemica e crisi energetica per mantenere i salari dei lavoratori, di tutti i lavoratori, in alto. Cosa che non è accaduta in Italia. Dove il salario minimo non c’è perché la destra ha alzato pregiudizialmente un muro. Il governo si è voluto prendere una delega: dopo 14 mesi quella delega marcisce al Senato.

La destra mercoledì ha rinviato anche la vostra proposta sulla riduzione dell’orario di lavoro.

Conoscono solo la strada del rinvio o dell’insabbiamento. Non riescono a bocciarla perché la domanda di conciliazione tra vita e lavoro è trasversale socialmente ed elettoralmente, ma la mandano alle calende greche. Eppure senza una cornice normativa, l’Italia sarà il paese che pagherà il prezzo maggiore all’impatto dell’intelligenza artificiale. È da trogloditi non porsi oggi questo tema: non siamo negli anni Novanta allo scontro tra Bertinotti e Prodi, ma dentro la necessità di redistribuire la quantità di occupazione che risulta sempre più scarsa nel pieno di una rivoluzione industriale che può bruciare milioni di posti di lavoro.

Procede in Parlamento la proposta lanciata dalla Cisl sulla partecipazione dei lavoratori nelle imprese. Il Pd cosa farà?

Siamo stati noi a dire che il testo della Cisl, che ha raccolto 400mila firme, andava adottato come testo base. Tuttavia, quel testo ormai non esiste più. Restano i titoli. Non c’è alcuna obbligatorietà, tutto è facoltativo: quello che viene presentato come un diritto diventa una concessione. Se non cambia qualcosa non potremo votare questa legge.

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Lavoro e democrazia. Per una legge sulla rappresentanza.

Il 25 novembre si è tenuta a Roma la prima iniziativa di Compagno è il Mondo. Sono intervenuti tra gli altri: Pier Luigi Bersani, Maria Cecilia Guerra, Elly Schlein, Arturo Scotto, Michael Braun, Cristian Ferrari, Michele Raitano, Alessandra Raffi.
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