Intervista a Repubblica ed. Firenze
di Simona Poli
Un’orazione civile nel Parco della pace di Sant’Anna di Stazzema il 25 aprile. A pronunciarla (alle 15.30) sarà l’ex ministro Pierluigi Bersani, da due anni di nuovo nel Pd, che celebrerà l’ottantesimo anniversario della Liberazione rendendo omaggio ai civili sterminati nella strage nazifascista del 12 agosto 1944. Parleranno nello stesso luogo anche il sindaco di Stazzema Maurizio Verona, il presidente della Regione Eugenio Giani e Umberto Mancini, presidente dell’Associazione Martiri di Sant’Anna.
Bersani, Sant’Anna di Stazzema è uno dei luoghi che hanno segnato la storia della Resistenza in Italia. Quella strage di innocenti che si protrasse per giorni e che vide purtroppo squadre fasciste collaborare con i tedeschi è diventata il simbolo delle atrocità compiute dalle SS e, nel tempo, monumento alla pace e al dialogo tra i popoli. Che cosa rappresenta oggi il sacrario di Sant’Anna?
«Quel sacrario ci dice che l’orrore può tornare e che è già tornato in luoghi non lontani da noi. Ci dice che le ideologie e le politiche che suscitano aggressività, discriminazione, odio possono riaprire l’abisso fino a ridurre un tuo simile a uno straccio da buttare. Se quelle 560 vittime, bambini, donne, anziani non ci insegnano almeno questo bisognerà dire amaramente che sono morti per niente».
Sono pochissimi ormai i partigiani ancora in grado di testimoniare la loro vicenda, la Resistenza si affida alla storia e al suo racconto. Cambierà in futuro questa celebrazione?
«In tanti pensano di poter scolorire col tempo il 25 aprile. Non ci riusciranno. È certamente umiliante dover sentire da un re inglese parole di sincero omaggio alla Resistenza, parole che non abbiamo sentito né sentiremo da chi governa l’Italia e ha giurato sulla Costituzione. Il 25 aprile è la Costituzione. Il valore della Resistenza sta in un fatto indiscutibile e inossidabile: siamo stati gli unici, tra i paesi sconfitti, che hanno potuto farsi la Costituzione da soli. E la Costituzione non è alle nostre spalle, è davanti a noi, ancora da raggiungere».
Che ruolo ha oggi la sinistra in un’Italia governata da una maggioranza di centrodestra che non soffre di calo di consensi (almeno questo dicono i sondaggi)? Cambierebbe qualcosa nella strategia del partito se fosse lei a guidare il Pd?
«Nonostante i sondaggi che lavorano sullo 0,2 per cento non credo affatto che la destra abbia oggi più consensi di quanti ne ebbe nel 2022, quando vinse di fronte a un milione e mezzo di voti in più della potenziale alternativa, che però era divisa. Quello che ancora ci manca è un assetto credibile del campo di alternativa che possa mobilitare le energie di sinistra, democratiche e liberali largamente presenti e ancora sopite. Quanto al resto, Elly Schlein sta facendo bene la segretaria e io cerco di dare una mano in piena libertà. Siamo, l’una e l’altro, nel posto giusto».
Ventotene è stato uno dei confini usati dal regime per allontanare gli antifascisti e gli oppositori delle più varie estrazioni: comunisti certo, ma anche socialisti, liberali, cattolici. Con gli autori veri e propri del Manifesto, Spinelli che pure fu eurodeputato del Pci, Ernesto Rossi, Eugenio Colorni, la sinistra soprattutto nei primi dieci anni del dopoguerra non ha avuto un comportamento troppo amichevole. Oggi quel Manifesto invece è di nuovo molto popolare.
«L’idea di un’Europa che si fa Stato è la bella utopia, l’idea di Ventotene che indica la direzione giusta, il giusto cammino. La Resistenza fu l’unità di tante diversità, cementata nel sangue. Sta a noi conquistare la consapevolezza che, pur diversi, siamo nella stessa famiglia: quella che si raccoglie attorno ai valori costituzionali».