Scotto: Gaza, usare la fame come arma di guerra è un crimine

Andrea Follini - L'Avanti della Domenica
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Mario Rossi - La Repubblica

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Intervista a L’Avanti della Domenica

di Andrea Follini

Una delegazione di deputati e parlamentari europei, responsabili di organizzazioni non governative e associazioni, giornalisti: a poco più di un anno dalla precedente, una nuova missione italiana si è mossa attraverso il deserto egiziano per giungere a Rafah, valico a Sud della Striscia di Gaza, sotto il pieno controllo dei militari israeliani. E se già la situazione a marzo dello scorso anno era catastrofica per le condizioni dei gazawi, a un anno di distanza la disumanità di questo conflitto ha raggiunto livelli prima inimmaginabili da chiunque. Di fronte alle crudeltà di questi mesi, ai bombardamenti e alle incursioni, sembra che la comunità internazionale stia acquisendo consapevolezza, almeno in parte e in modo tardivo, sulla reale dimensione di quanto sta succedendo a Gaza: il numero delle vittime civili ha abbondantemente superato le cinquantamila unità; la strage continua di bambini ha compromesso il futuro del popolo palestinese, la distruzione delle città, le bombe contro ospedali, ambulanze, scuole… si chiami questa operazione militare come si vuole, ma resterà come una macchia di vergogna indelebile nella storia dello Stato di Israele e una ferita profonda nella storia dell’umanità. Per comprendere quale sia la situazione al valico meridionale della Striscia, abbiamo raggiunto telefonicamente Arturo Scotto, deputato Pd, tra i componenti di questa missione.

Lei era a Rafah a inizio marzo 2024, e ci raccontava di una colonna infinita di camion carichi di aiuti, fermi al confine. A un anno di distanza, qual è la situazione vista sul campo?

«Il valico è sigillato. Gli israeliani lo hanno chiuso il 4 maggio dello scorso anno. Passa tutto da Kerem Shalom, lato israeliano. È stato usato solo per alcune esfiltrazioni di bambini. Dunque tutti i camion sono ancora bloccati in parcheggi sterminati accanto agli hub logistici della Mezzaluna rossa. Ne abbiamo visitati due: sono centosessantamila le tonnellate di cibo, medicinali e beni di prima necessità ancora lì. A rischio deperimento, con quaranta gradi di caldo. Gli operatori della Mezzaluna e dell’Onu ci dicono una cosa semplice: il cibo c’è, quello che viene negato è l’accesso. Per questo il cessate il fuoco è il primo obiettivo da perseguire. Ora Netanyahu dice che farà passare alcuni camion. Pochi giorni fa ne sono entrati nove. Un numero ridicolo davanti alla richiesta di due milioni e mezzo di persone affamate, disidratate e sfinite. Il rischio di carestia è concreto. Prima del 7 ottobre erano cinque-seicento i camion che entravano nella Striscia per garantire un fabbisogno minimo di cibo e medicinali. Durante la tregua breve di un mese di inizio 2025 in alcuni giorni ne sono entrati anche trecento, mentre durante l’assedio di un anno e mezzo ne entravano venti, massimo trenta. Da settanta giorni invece praticamente nessuno, nemmeno uno spillo. Usare la fame come arma di guerra è un crimine. Bisogna avere la forza di dirlo».

Francia, Regno Unito, Canada hanno chiesto a Israele lo stop alle operazioni a Gaza, minacciando sanzioni. Dall’Italia, tutto tace. 

«Qualcuno sta iniziando a svegliarsi. Purtroppo tardissimo. La Gran Bretagna convoca l’ambasciatore di Israele, l’Olanda addirittura parla di sospensione del Trattato Ue-Israele. Qualcosa si muove. La Meloni, a parte qualche frase di circostanza, non muove un dito. D’altra parte, Netanyahu è parte dello schieramento internazionale nel quale lei si riconosce: il suprematismo dell’estrema destra che fonda la propria radice politica sull’etnocentrismo. Le parole di circostanza di queste ore sono puramente un modo di lavarsi la coscienza. Nel frattempo acquistiamo tecnologie militari da Israele per la cybersicurezza come se tutto fosse normale. Uno scandalo».

Così come in Israele ci sono manifestazioni contro il governo Netanyahu, arrivano notizie di manifestazioni contro Hamas da Gaza; chi non vuole la fine della guerra?

«Non la vuole innanzitutto Netanyahu che dovrebbe rispondere davanti alla giustizia israeliana di reati gravi come la corruzione. E sarebbe anche meno protetto davanti ai procedimenti della Corte penale internazionale, che ha ordinato un mandato di cattura nei suoi confronti. In Palestina si è aperta una frattura interessante contro Hamas che va sostenuta. Ma la strada deve essere il riconoscimento dello Stato di Palestina: è quello l’antidoto all’antisemitismo che ha portato al 7 ottobre. Se la comunità internazionale non riconosce il punto di vista dei palestinesi, vinceranno sempre i nemici della pace».

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Il 25 novembre si è tenuta a Roma la prima iniziativa di Compagno è il Mondo. Sono intervenuti tra gli altri: Pier Luigi Bersani, Maria Cecilia Guerra, Elly Schlein, Arturo Scotto, Michael Braun, Cristian Ferrari, Michele Raitano, Alessandra Raffi.
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