Intervista a La Gazzetta del Mezzogiorno
di Michele De Feudis
Onorevole Roberto Speranza, i referendum su lavoro e cittadinanza sono un test per la capacità di mobilitazione della Cgil, ma anche del Pd guidato da Elly Schlein che ha sposato questa battaglia. Quali attese coltivate?
«Noi sosteniamo convintamente la consultazione perché ci sembra una occasione importante per segnalare la centralità della dignità del lavoro. Per anni si è avuta l’idea che un Paese potesse essere più competitivo comprimendo i diritti dei lavoratori e immaginando di costruire la competitività riducendo i costi del lavoro. Oggi la sfida è sull’innovazione e non sui diritti dei lavoratori. L’impegno di questi giorni ci aiuta a dare il segno di un modello di sviluppo che non può ridurre i diritti dei lavoratori».
Le statistiche delle morti bianche sono sotto gli occhi di tutti.
«C’è un quesito che riguarda la responsabilità solidale dell’impresa che vince l’appalto: non ci si può rassegnare ai tre morti al giorno. Bisogna neutralizzare le catene dei subappalti: una azienda prende l’appalto, lo subappalta più volte e nella sequenza dei passaggi si smarriscono i capisaldi essenziali dei diritti. Sulla cittadinanza, nell’incontro promosso a Bari dal collega Alberto Losacco, ho spiegato che la destra usa la paura delle persone per comprimere i diritti. Da qui alimenta un consenso elettorale. Mi domando: a chi fa paura dare la cittadinanza ai compagni di scuola dei nostri figli?».
La stagione del Jobs act, firmata da un altro Pd, è alle spalle?
«Archiviata. Allora si pensava che l’Italia ripartiva riducendo il costo del lavoro. Ma questa visione è superata dall’attualità».
Il centrodestra tifa per l’astensione l’8 e il 9 giugno.
«È profondamente sbagliato che le alte cariche istituzionali facciano campagna sull’astensione. si può dissentire sul merito, ma invitare al non voto è una pagina triste. Per questo mi impegnerò ancora di più a fare campagna per la partecipazione».
Il decreto sicurezza che volto del governo mostra?
«È l’emblema di come la destra cavalca l’inquietudine sociale, per tornaconto elettorale. Alle paure bisogna dare una risposta di inclusione, non serve la propaganda securitaria».
Su Gaza, la presa di posizione di Emiliano anti-Israele è un caso nazionale. Che ruolo può svolgere la politica in questo contesto?
«Nella Striscia si assiste alla cancellazione totale delle norme basilari del diritto internazionale. Stiamo travalicando ogni limite di umanità. Israele deve fermarsi. Ci sono due milioni di persone allo stremo, senza energia e acqua. Questo è inaccettabile, bisogna fermare il conflitto e dare assistenza umanitaria alla popolazione palestinese, aprendo una stagione di pace. Saremo in piazza il 7 giugno per dire basta a questa tragedia».
Dopo la Regione Puglia, anche l’Emilia Romagna chiude le relazioni con Tel Aviv…
«Ho molto apprezzato l’ordine del giorno del Consiglio regionale che va nella direzione di evidenziare che non si può più essere indifferenti».
C’è il rischio, con queste prese di posizione, di creare nuove apprensioni per gli studenti o i cittadini israeliani in Italia?
«Distinguiamo la popolazione dal governo. Noi diciamo al premier Netanyahu di fermarsi. Israele è un paese amico, siamo contro ogni forma di antisemitismo, ma è proprio il governo del leader del Likud che sta alimentando una nuova ventata di antisemitismo nel mondo con le immagini dei massacri nella Striscia».
Capitolo amministrative: il campo largo è competitivo e in molti casi vincente al primo turno. Come si persegue questa strada, indicata da Elly Schlein, verso le politiche?
«Con la fatica del lavoro quotidiano, partendo dai temi essenziali che riguardano la vita degli italiani, dalla sanità al lavoro. Il governo di cui ero ministro, con Conte premier, è stato quello che ha investito di più nella sanità. Nella fase di crisi covid, noi abbiamo bloccato i licenziamenti. Ecco, l’unità di Pd e M5S va costruita a partire dalle questioni sociali. Oltre le formule, c’è un terreno di opposizione al governo che ci tiene insieme, e ci può far vincere le prossime politiche. Il segnale delle comunali da Genova a Ravenna è incoraggiante, come quello che arriverà dalle prossime regionali, a partire dalla Puglia».
Come vede Antonio Decaro governatore?
«È una figura autorevole, di assoluto primo piano, ha radicamento e qualità. La scelta poi tocca ai pugliesi…».
Taranto unisce la crisi dell’acciaio con un ballottaggio complicato.
«Lì bisogna unire il campo largo su una posizione di difesa del candidato progressista Bitetti. Lavoriamo sui temi con umiltà: la città è essenziale per l’Italia, il sud e la transizione ecologica. Mi auguro che il centrosinistra possa guidare Taranto per evitare che il diritto al lavoro e all’ambiente possano ancora confliggere».
A Matera, parafrasando Antonio Capuano in “È stata la mano di Dio” di Sorrentino, il Pd si è disunito…
«Sulla scheda dei cittadini di Matera da una parte c’è Cifarelli: è consigliere regionale del Pd e rappresenta un pezzo rilevante della storia del centrosinistra lucano; dall’altra ci sono i simboli della destra nazionale, dalla Fiamma della Meloni. Un democratico non può avere dubbi. Trovo incomprensibili le polemiche. Tutto il Pd da Roma a Potenza, fino a Matera, deve essere unito al fianco del nostro candidato contro le destre».