Intervista a La Gazzetta del Mezzogiorno
di Maristella Massari
• TARANTO. «La storia entra nelle case e cambia l’ordine delle priorità». Il lucano Roberto Speranza, 45 anni, già capogruppo alla Camera del Pd e segretario di Articolo Uno, è l’uomo che il destino ha voluto fosse ministro della Salute mentre nel mondo si abbatteva una delle più violente epidemie della storia: il Covid. Speranza ha voluto raccogliere la memoria di quanto accaduto, non dimenticare niente della tragedia e delle difficoltà di quei mesi così bui, con l’auspicio di trarre da quella lezione indicazioni preziose su come riformare oggi la sanità italiana. L’ex ministro ha presentato a Taranto il suo libro edito da Solferino «Perché guariremo», dialogando con Vito Montanaro, direttore del Dipartimento Salute della Regione Puglia, in un incontro moderato da Maristella Massari, caposervizio della «Gazzetta del Mezzogiorno».
Onorevole Speranza, la sua è un’analisi cruda e lucida di quello che accadde che porta sempre a riflettere sulla centralità della sanità pubblica. E cosi?
«Durante la pandemia, abbiamo tutti detto “mai più”. Guardando le immagini della tragedia, seguendo il triste conto giornaliero delle vittime, perdendo persone care avevamo capito fino in fondo l’importanza del diritto alla salute. Nel cuore della bufera, si era affermata a livello planetario la consapevolezza che questo diritto, per essere garantito, aveva bisogno di più impegno e più risorse, di scelte coraggiose».
E in quei mesi cosa è accaduto?
«Tutti abbiamo avuto la sensazione, in quei giorni, che nulla sarebbe un’inversione di tendenza nella spesa sanitaria che per la prima volta, durante il mio mandato da ministro della Salute, ha superato il 7% del Pil».
Lei scrive «Come solo poche volte avviene, la Storia ci era entrata in casa e aveva cambiato radicalmente le gerarchie». E invece com’è andata a finire?
«La lunga stagione di tagli che aveva messo a dura prova il nostro sistema di welfare sembrava conclusa per sempre. Ma pur-troppo, non lo era. A ormai quattro anni dai giorni più duri, si assiste a una preoccupante inversione di tendenza».
Ovvero?
«La lezione del Covid ha sicuramente aperto una finestra di consapevolezza sulla necessita di investire di più e meglio nella sanità. Ma l’impressione è che questa finestra, finita la fase emergenziale, si stia già chiudendo e che le gerarchie si invertano nuovamente, con le politiche per la salute relegate nei gradini bassi della classifica».
Dal suo punto di vista è un errore?
«È un errore grave, che ci rende più deboli di fronte alle possibili crisi del futuro. E quindi ancora più urgente una battaglia a difesa del nostro Servizio Sanitario Nazionale. Ed è necessario alzare la voce e ricordare che la salute pubblica non è un costo, ma un investimento: per la qualità della vita, la coesione sociale, la crescita economica. E che un Paese che non tutela innanzitutto la vita dei suoi cittadini sarà sempre un Paese sotto scacco, esposto ai venti di ogni nuova emergenza».
Oggi lei è all’opposizione. Come vive la sua battaglia per la sanità pubblica?
«Questa battaglia è per me un’impresa quotidiana e un impegno solenne. Sento l’obbligo morale di esserne parte e la porterò avanti con ogni energia in Parlamento e nel Paese. E dopo averci a lungo riflettuto, ho deciso che anche questo libro poteva esserne uno strumento. Le pagine che ho scritto durante l’estate del 2020, dopo la prima e terribile ondata di Covid, avevano una finalità ben precisa: raccontare la storia dell’impatto della pandemia in Italia, come monito per rafforzare il nostro Servizio Sanitario Nazionale».
Nel libro riporta che la spesa sanitaria torna purtroppo sotto il 7% del Pil. E che senza nuovi investimenti, è forte il rischio di un vero e proprio smantellamento del SSN con conseguenze molto concrete sulla vita di milioni di donne e uomini. Non ci ha insegnato niente dunque la pandemia?
«Oggi quella lezione la stiamo cancellando. È vero, la spesa sanitaria sul Pil torna sotto il 7% e nella previsione del prossimo Def si torna addirittura sotto il 2019, cioè meno di prima della pandemia. Nel libro racconto di papa Francesco solo in quella piazza San Pietro desolata il Venerdì Santo. È un’immagine potentissima. Il Papa disse poche parole che però per me sono un monito incredibile: “peggio di questa crisi c’è solo il rischio di sprecarla”. Oggi io giro il Paese con questo libro e ripeto a tutti gli italiani che incontro le parole del Papa. Stiamo tornando indietro, con rischi incalcolabili sulla sanità pubblica. Attenzione, perché se non ci metti i soldi sul Servizio Sanitario Nazionale, noi tra un po’ usciremo dal modello di universalità e andremo verso un modello che è totalmente diverso dallo spirito con cui i nostri padri costituenti scrissero l’articolo 32 della Costituzione: un modello di sanità in cui tutti hanno diritto ad essere curati, in cui si dice se una persona sta male, non conta quanti soldi ha, di chi è figlio, di che colore ha la pelle. Ma deve essere curato per il solo fatto di essere un individuo, così dice la Costituzione. Oggi, e concludo, serve una mobilitazione a difesa della sanità pubblica nel nostro Paese e con questo messaggio giro per l’Italia».