Pubblicato da Il Corriere della Sera
d Roberto Gressi
Che gran voglia, irrefrenabile, di tirare una sventola. Ti viene soprattutto quando hai avuto un po’ paura, e ti è passata grazie alla vittoria, e allora hai un bisogno fisico e incontrollato di liberarti, e ti parte la mano. Eccolo, Marco Marsilio, confermato governatore dell’Abruzzo con un robusto vantaggio, se non a furore di popolo: «Se ne sono andati a zonzo per la regione per due mesi, hanno messo in campo le vecchie glorie, compreso zio Bersani, non so chi altri potessero riesumare…».
Che poi andiamoci piano con gli zii. C’è lo zio Vanja, con Anton Cechov che ci fa riflettere sull’incapacità di essere felici. Lo zio Sam, che ti punta il dito e ti grida «I want you for U.S. Army», che ne ha fatte più di Carlo in Francia, ma ci ha pur liberati dal nazismo. Gli zii di Sicilia di Leonardo Sciascia, con la speranza del riscatto. Zio Paperone che si dispera: «Non posso continuare a perdere un miliardo al minuto! Così fra seicento anni sarò rovinato!». E poi zio Silvio, lo zio Fester Addams, e anche Grazie zia di Salvatore Samperi. E c’è perfino la giornata mondiale degli zii, che pare sia il 26 luglio.
Ma intanto la rasoiata è partita, con Pierluigi confinato da Marsilio sotto la voce «combattenti e reduci». Che ha da dire zio Bersani? «Intanto gli faccio gli auguri di buon lavoro — replica — pensi alla sua regione, soprattutto alla sanità pubblica, così malridotta. Io vado dove si vince e dove si perde, a dare una mano. Sono stato in Sardegna, in Abruzzo, a Foggia, in Alto Adige… E posso farlo liberamente, perché ci vado a spese mie, non come la calata dei ministri che sono andati a far campagna elettorale a spese nostre».
Su e giù per l’Abruzzo Pierluigi Bersani c’è stato, e gli hanno detto che lo portavano in giro come la Madonna pellegrina, e pure come Mosè. A Sulmona ha voluto precisare: «Io sono solo un riservista dell’alternativa, non sto qui a guidare il carro, ma lo spingo. Vengo a dire che i partiti sono gli affluenti, ma il fiume è l’alternativa a questa destra». Che poi, ancora: «Questa destra ha la coda lunga, piena di revanscismo. Vista la Sardegna? L’appetito vien mangiando. Non sono strabordanti, c’è un risveglio. Io mi sento come il prosciutto nel panino… Che posso aggiungere? La mela è spaccata in due, il punto è essere concepiti come l’alternativa». E dal palco: «Potrei dire che è marzo, è tempo di migrare, cioè di andare alle urne, mica da restare qui a pettinare le bambole».
Sì, va bene, Bersani. Ma intanto in Abruzzo, come si usa dire, avete preso la sveglia. Il campo più che largo stavolta si è infranto contro la corazzata del centrodestra. «La partita è lunga, non sarà un ciclone, ma un bel venticello c’è», non si scoraggia Pierluigi. Ma si sente o no un vecchio zio portato a zonzo? «Che vogliamo farci? Queste battute rispecchiano il loro stile, sono vittimisti e aggressivi, sono slogan da Agit-prop».
Per i non addetti ai lavori Agit-prop era il nome con il quale veniva chiamato il Dipartimento per l’Agitazione e la propaganda del comitato centrale e dei comitati territoriali del partito comunista dell’Unione sovietica. E sulla propaganda da campagna elettorale chi è senza peccato scagli la prima pietra. Ma lo strale magari un po’ brutale di Marsilio, sottintende anche una critica politica: è finito il tempo della «Ditta», inteso come emanazione che resiste nonostante la scomparsa del Pci. «Ma qui non è una questione di “Ditta” — ribatte Bersani — Se poi invece vogliamo parlare di radici… Ho visto che il ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano ci ha accusato di essere ancora comunisti. Io, se mi danno del comunista italiano ed emiliano non mi offendo mica. Alle mie radici ho Enrico Berlinguer e Renato Zangheri, loro hanno Giorgio Almirante e Pino Rauti, vediamo chi ha dato di più a questo Paese».