Intervista a Il Corriere della Sera
di Marco Ascione
Pier Luigi Bersani, ci risiamo allora: davvero è tornata la Quercia, il vecchio partitone, con i suoi cespugli?
«Intanto vorrei dire che c’era troppo clangore di trombe perché non si cominciassero a sentire suonare le nostre campane».
L’eco delle loro trombe, quelle del centrodestra, però ancora rimbalza visto che hanno perso sì in Emilia-Romagna e Umbria, ma avevano vinto in Liguria, dove sembravano spacciati.
«Io dico che va rivalutata anche la sconfitta in Liguria. Ho letto tante scempiaggini, ma li sappiamo leggere i numeri? La volta precedente avevamo perso con 18 punti di distacco. Abbiamo compiuto un incredibile recupero. Sta accadendo qualcosa nel Paese, c’è una movida. Non parlo solo del nostro risultato alle elezioni regionali ma anche dei referendum per la cittadinanza e l’Autonomia».
«Guardi che questa movida che spinge per un’alternativa esiste eccome nel Paese. Il problema è gli elettori sono più avanti del processo politico. Attualmente il carro è davanti ai buoi e nell’attesa che il centrosinistra metta i buoi davanti al carro, la gente premia il Pd, il partito che mostra più consistenza, quello più orientato all’alternativa e più unitario».
Appunto. La Quercia con i suoi cespugli.
«Ma non è mica un destino. Il campo si può allargare. Tutti i partiti di questa epoca possono crescere in una logica unitaria pur con la loro distintività. Bisogna recuperare quote di elettorato andando a cercare nel grande mare dell’astensione. Vota meno chi sta peggio. Lì c’è un grande campo per la sinistra nelle sue diverse espressioni. Con i voti saremmo davanti come alle Politiche del 2022. Ma con un processo politico da compiere. Per farlo dobbiamo essere uniti».
Per usare una sua nota espressione è quindi questa la mucca in corridoio che qualcuno nel centrosinistra non vuol vedere?
«C’è, in una parte del nostro campo, la non comprensione dei danni che può fare questa destra. A partire dal sistema economico e sociale. Ma ciò che non si comprende ancora verrà fatto comprendere dal governo. A partire dagli effetti su sanità e salari. Per non parlare di come armeggiano pericolosamente la Costituzione».
Perché, la Costituzione è intoccabile?
«Per carità, ma non quando si tratta di disfacimento dello Stato ed equilibrio tra i poteri».
Quindi voi che cosa dovreste fare?
«Dichiarare che c’è un’alternativa».
Ma con chi? Lei con i 5 Stelle ci prova dal famoso streaming del 2013. Ora Chiara Appendino mette in guardia il Movimento. Dice che il Pd li fagociterà.
«Da tempo temevo uscite di questo tipo. Marciare divisi ora per colpire, forse, uniti poi, quando si voterà, è una incredibile sciocchezza: ci volteremo e non ci sarà più l’esercito. Per questo insisto: i carri vanno messi in moto adesso. È un’idea balorda quella per cui in un mondo dove ovunque la politica si organizza per campi plurali alternativi, c’è chi cerca di ritagliarsi il ruolo dell’agnostico. Non esistono più partiti che riassumano un intero campo. Ma ci sono temi fondamentali come i vaccini, il clima, le diseguaglianze, la guerra che richiedono scelte. O di qua o di là».
Beh a proposito di o di qua o di là, non siete messi benissimo con il Movimento. In particolare sulla politica estera, la questione delle armi in Ucraina. Che cosa ha pensato quando Conte si è rifiutato di pronunciarsi tra Trump e Harris?
«Che lo ha fatto perché si sentiva ancora addosso i panni del premier».
Dice sul serio?
«Sono benevolo e spinto da uno spirito unitario».
Però nel Pd ci sarà davvero chi ritiene di chiudere la partita fagocitando, appunto, quell’elettorato.
«E se c’è chi lo pensa, sbaglia. Non è un elettorato assorbibile dal Pd. Piuttosto va verso l’astensione. E invece dal Movimento può arrivare una formazione di sinistra di nuovo conio, che attinga a loro antiche sensibilità. Ci sono state battaglie che hanno combattuto, a volte in modo scomposto, ma che hanno un senso. Ambiente, partecipazione, povertà, sobrietà della politica sono questioni vive».
In questo suo ragionamento c’è molto del vecchio Pci e pochino della vecchia Dc. Alla fine l’unica volta che avete vinto è accaduto con un cattolico popolare di formazione dc come Romano Prodi. Sicuro di non essere troppo sbilanciato a sinistra? E il centro?
«Lasciamo perder la parola centro. Ma mi è chiaro che servono anche profili liberaldemocratici».
Calenda?
«A me andrebbe bene se non volesse comandare».
Renzi?
«Io sono accogliente. Mettiamo nel conto i ravvedimenti operosi, anche se non è con i ravvedimenti che si vince».
Sala?
«Può essere uno di questi protagonisti. Le forme possono essere diverse. La cosa che conta è che ci siano garanti di un fronte liberale».
Prodi e Monti si sono spesi con un appello per Fitto e Ribera. Si sta cercando un difficile accordo tra popolari socialisti. Lei concorda?
«Diciamo che dobbiamo muoverci da una semplice constatazione: Trump arriva e l’Europa non può permettersi di restare a guardare. Dopodiché von der Leyen dovrà stare attenta a non finire nella trappola delle sue furbizie».