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D’Attorre: 2024 anno d’oro della Meloni, anno nero per l’Italia

Umberto De Giovannangeli - L'Unità
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Mario Rossi - La Repubblica

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Intervista a L’Unità

di Umberto De Giovannangeli

Alfredo D’Attorre, responsabile Università e Ricerca nella Segreteria nazionale del Partito Democratico: Il 2024 sta per chiudere i battenti. Sono tempi di bilanci. Che anno è stato per il Pd?

Il bilancio è oggettivamente positivo, non solo per il successo alle elezioni europee, per il maggior numero di Regioni e di Comuni capoluogo amministrati e per la crescita impressionante dei voti di lista in tutte le principali elezioni amministrative. I sondaggi tendono a fotografare l’evoluzione della realtà con un certo ritardo, ma, se analizziamo la tendenza che emerge dai voti reali, il Pd si candida a diventare presto il primo partito italiano. Al di là di questo, c’è un dato politico ancora più importante: all’inizio di quest’anno la maggior parte degli osservatori e degli interlocutori politici tendeva a considerare la segreteria Schlein come una meteora, un’esperienza priva di ogni possibilità di consolidamento, dopo un esito congressuale imprevisto e risicato. Oggi il quadro è radicalmente cambiato. Il nuovo corso si è molto rafforzato: nel partito, nel campo dell’opposizione e nel rapporto con la società. Costituisce un cambiamento strutturale del paesaggio politico italiano, con il quale bisognerà fare i conti almeno fino alle prossime elezioni politiche e che ha mandato definitivamente in soffitta vecchi schemi. Vedo che diversi ancora non si capacitano di come sia potuto avvenire.

Due anni di governo Meloni. Anche qui le chiedo un bilancio.

Il bilancio è positivo per la Meloni e negativo per il Paese. La leader di Fratelli d’Italia, pur perdendo due Regioni (Sardegna e Umbria) e diversi Comuni capoluogo, è uscita indenne dalle elezioni europee e ha rafforzato il suo primato nella coalizione, senza pagare finora un prezzo eccessivo alla sua prova modesta come presidente del Consiglio. Per l’Italia, invece, l’effetto del suo governo è tra l’impalpabile e il nefasto. Nessuna riforma significativa, indebolimento della sanità e dell’istruzione pubblica, minaccia all’unità nazionale con il progetto dell’autonomia differenziata, perdita del potere d’acquisto di lavoratori e pensionati, calo costante della produzione industriale, risultati inconsistenti a livello europeo, a partire dal nuovo Patto di Stabilità. Peraltro, il governo ha già fatto 3 delle 5 leggi di bilancio di questa legislatura. E, di norma, i governi compiono le scelte più importanti nella prima parte del loro mandato. Diversi analisti e commentatori politici sostengono che con questa opposizione, così divisa e rissosa al proprio interno, Giorgia Meloni può dormire tra due guanciali. Sinceramente mi sembra un’analisi statica e pigra. L’esito del 2024 è che l’opposizione ha ora un suo baricentro, il Pd, e una consistenza elettorale simile alla destra. Indubbiamente le forze progressiste hanno ancora molto lavoro da fare, ma è sbagliato analizzare il quadro attuale con schemi da anni Novanta. Capisco la nostalgia (un sentimento che chi come me ha raggiunto una certa età deve comunque rispettare), ma l’Ulivo non tornerà. Nelle condizioni attuali non ha senso vagheggiare una sorta di coalizione-partito ad alta omogeneità, in cui le forze politiche conferiscono la loro sovranità a un soggetto comune attraverso impegni e meccanismi solenni, tipo le primarie. Per la sua natura, il M5s rifugge da questa impostazione, mentre può essere ingaggiato nella ricerca di un accordo su una serie di punti programmatici. Ci aspetta su questo un confronto impegnativo, che alla fine io penso avrà un esito positivo, sia con il M5s sia con gli altri alleati. Ma è illusorio aspettarsi che nei prossimi mesi ci sia un’ora X, in cui improvvisamente gli elementi di distinzione e competizione vengano meno e le forze dell’area progressista si giurino fedeltà eterna. Se alimentiamo questa aspettativa, alimentiamo una frustrazione. Sarà un processo dinamico e graduale, che individuerà uno spettro di battaglie comuni, come in parte già avvenuto, lasciando per il resto margini di autonomia ai singoli soggetti. Detto questo, Conte dovrebbe mettere meglio a fuoco il messaggio che gli elettori del centrosinistra hanno mandato in tutte le competizioni elettorali del 2024: va bene rivendicare la propria specificità, purché questo non significhi mettere le dita negli occhi ai potenziali alleati e minare la possibilità di un’alternativa alla destra.

Uno dei tratti distintivi del nuovo corso Pd è proprio quello di aver rimesso al centro la questione sociale. Sanità, istruzione e dignità del lavoro sono i tre pilastri fondamentali su cui costruire il programma dell’alternativa. E su questi temi il Pd oggi finalmente parla un linguaggio chiaro, oltre gli errori del passato. A partire da questo, dobbiamo ora offrire al Paese una visione economica complessiva, fondata sul rilancio della vocazione industriale dell’Italia. Qui c’è l’intreccio con il tema della ricerca e delle politiche per l’innovazione, su cui il vuoto del governo è totale e sul quale serve una proposta forte, specie per la fase post-Pnrr. Abbiamo iniziato a lavorarci.

Il governo rivendica di aver ridotto la disoccupazione e di aver aumentato i contratti a tempo indeterminato. È un merito che va riconosciuto?

Ci sono due aspetti cruciali di cui si sta discutendo poco. Primo: il numero di ore lavorate cresce molto più del Pil, ormai quasi stagnante, segno che il vero problema italiano, quello della produttività del lavoro, si aggrava. Secondo: la disoccupazione scende ma i salari non salgono, contrariamente a quanto accade normalmente. Questo indica l’esistenza di un problema strutturale nel mercato del lavoro italiano, dovuto all’attuale quadro normativo e alla debolezza della domanda interna. Il caso tedesco dovrebbe metterci in guardia sul fatto che, in un mondo segnato dal ritorno del protezionismo, un modello incentrato solo sulle esportazioni è destinato a incontrare difficoltà crescenti.

Dopo l’assoluzione di Salvini il governo è più forte?

No. Anzi, Salvini e la destra perdono la possibilità di cavalcare politicamente l’attacco alla magistratura, il vittimismo e la retorica della difesa dei confini. Per la loro propaganda sarebbe stato un cocktail perfetto. Poi personalmente ho sempre pensato che, nel caso in questione, la condotta di Salvini sia stata moralmente e politicamente spregevole, ma non giuridicamente perseguibile.

La Consulta ha smontato la legge sull’autonomia differenziata, ma il referendum è al momento confermato. Non rischia di diventare un boomerang per chi l’ha proposto?

Dobbiamo fare due cose assieme. Sottolineare con sempre più forza che dopo la sentenza della Consulta il progetto dell’autonomia differenziata è irrecuperabile sul piano giuridico-costituzionale. E, allo stesso tempo, chiamare i cittadini a esprimere un giudizio definitivo sul piano politico. Nel 2025 l’opposizione assumerà la difesa dell’unità nazionale e alzerà il tricolore, mentre i sedicenti “patrioti” si troveranno a spiegare che – di fronte agli Stati Uniti di Trump, alla Cina e alle altre grandi potenze emergenti – sono meglio venti staterelli regionali scoordinati e in competizione tra loro.

Nella Segreteria nazionale del Pd, lei è responsabile Università e Ricerca. Il governo non sembra certo avere questi temi al centro della sua agenda. Ma non è vero lo stesso per l’opposizione?

Elly Schlein è molto convinta della necessità di mettere questi temi al centro del progetto dell’alternativa, come indicano le priorità programmatiche che ha indicato e la sua convinta partecipazione alla battaglia che stiamo conducendo contro i tagli del governo al finanziamento dell’università pubblica, contro il ddl Bernini che precarizza e svilisce il ruolo dei giovani ricercatori, contro lo sciagurato decreto-Bandecchi a favore delle università telematiche private, contro il cattivo utilizzo delle risorse Pnrr per le residenze universitarie. A questo stiamo accompagnando la costruzione di una proposta di totale riscrittura della legge Gelmini, che – a partire dalla difesa del valore legale del titolo di studio rilasciato dalle università vere e dalla diversa qualificazione delle lauree ottenute presso le università telematiche – rilanci l’idea di un sistema universitario pubblico e nazionale, radicalmente alternativo ai processi di privatizzazione e disgregazione promossi dalla destra. Il rafforzamento della dimensione nazionale delle procedure di reclutamento dei docenti e la profonda revisione dei meccanismi di valutazione della ricerca e di distribuzione premiale delle risorse saranno altri due pilastri di questo progetto.

Il 2024 ci lascia un mondo in guerra. Un disordine globale armato di cui la sinistra sembra pagare il prezzo principale.

Una sinistra per la guerra è una contraddizione in termini. I risultati elettorali nei principali Paesi occidentali, Stati Uniti, Germania, Francia, si spiegano anche con lo screditamento di classi dirigenti apparse del tutto incapaci o disinteressate a favorire soluzioni negoziali alle tragedie in corso, a partire dall’orrore che anche in queste ore continua a consumarsi a Gaza. Ora il Pd deve aprire una discussione profonda fra le forze progressiste europee, per opporsi con decisione al prevalere nell’Ue di un “keynesismo di guerra” che mira a concentrare gli investimenti sugli armamenti. Altro che 3, 4 o 5% di spesa militare, come chiedono i vertici Nato o Trump: dobbiamo dire con chiarezza che l’eventuale spesa europea in ambito militare deve essere sostitutiva e non aggiuntiva a quella nazionale, liberando risorse interne per sanità, istruzione, ricerca, conversione industriale. E questa spesa comune deve essere funzionale al recupero di margini di autonomia politica e negoziale dell’Europa, che nel mondo di oggi può svolgere un ruolo come potenza civile e diplomatica, non certo militare.

Lavoro e democrazia. Per una legge sulla rappresentanza.

Il 25 novembre si è tenuta a Roma la prima iniziativa di Compagno è il Mondo. Sono intervenuti tra gli altri: Pier Luigi Bersani, Maria Cecilia Guerra, Elly Schlein, Arturo Scotto, Michael Braun, Cristian Ferrari, Michele Raitano, Alessandra Raffi.
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2 weeks ago

3 CommentiComment on Facebook

La pace prima di tutto si, ma purtroppo sembra un'utopia.

Buone feste

Molto bene, pace per tutti, ma noi in Italia dobbiamo anche dire sempre comunque antifascisti. BUONE FESTE A TUTTI

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