Intervista a La Stampa
di Alessandro Di Matteo
Sulla manovra la maggioranza «fa opposizione a se stessa». Maria Cecilia Guerra, deputata Pd, approfitta di una pausa della commissione Bilancio poco prima dell’ora di cena per fare il punto della situazione. Dopo la nottata tra lunedì e martedì passata a lavorare sulla finanziaria, la situazione è ancora in alto mare e «chissà quando finiremo… Non escludo nemmeno che debba tornare in commissione, è un caos».
Che succede? Ci sono frizioni nella maggioranza?
«La manovra era prevista in Aula lunedì scorso, è martedì sera e continuano ad arrivare riformulazioni ed emendamenti proposti dagli stessi relatori. È come se la maggioranza facesse opposizione a se stessa… Non riusciamo a capire quando pensano di chiudere questa legge. Ma sembra più disorganizzazione che uno scontro tra politiche vere, che però non mi sento di escludere».
Non il classico “assalto alla diligenza”?
«In termini moderni l’assalto alla diligenza viene trasformato in una moltitudine di micro-emendamenti che la maggioranza ha scelto di dedicare ad aspetti localistici, limitati. Tutte modalità per nascondere sotto il tappeto la pratica di usare soldi pubblici per trovare consenso. Noi abbiamo scelto di usare la parte del fondo parlamentare destinata al Pd concentrandoci su tre obiettivi: il raddoppio delle assunzioni degli ispettori del lavoro – da 250 a 500 – perché la sicurezza sul lavoro è una priorità. Secondo, l’avvio di una sperimentazione dello psicologo nelle scuole, perché il disagio causato dalla pandemia deve essere preso in carico in modo sistematico. Terzo: una prima importante tornata di stabilizzazioni dei ricercatori del Cnr, con l’obiettivo che si arrivi alla stabilizzazione di tutti».
L’aumento degli stipendi dei ministri alla fine è saltato?
«È stato riformulato, siamo alla terza versione. Ora è molto ridimensionato: si tradurrà probablmente nel riconoscimento di rimborsi di viaggio, da casa al ministero e via dicendo… Ma il tema è la mancanza di capacità di definire delle priorità».
Non è stato possibile alcun dialogo?
«Abbiamo chiesto ripetutamente ammortizzatori sociali più forti per accompagnare operai, dipendenti, che restino in difficoltà per lunghi periodi. Poi c’è la questione salariale: avevamo riproposto – e continueremo a riproporre – la questione del salario minimo. Il governo ha bocciato questa proposta per l’ennesima volta e sta approvando una riforma del codice degli appalti che aprirà ai contratti pirata. Sulle pensioni c’è una beffa per due ragioni: l’aumento delle minime è di 1,8 euro, una cosa che grida vendetta. E poi la Lega aveva fatto del superamento della Fornero un cavallo di battaglia, invece il governo ha reso ancora più difficile andare in pensione».
Voi come avreste usato i soldi, non tanti, a disposizione del governo?
«Hanno bocciato anche ieri l’emendamento di tutte le opposizioni sulla sanità, per noi è la priorità. I 5,5 miliardi che col nostro emendamento proponiamo di mettere sulla sanità li prenderemmo dai sussidi ambientalmente dannosi. Per quanto riguarda la politica industriale hanno tagliato i 4,3 miliardi che il governo Draghi aveva messo per il fondo dell’automotive. A fronte delle nostre insistenze hanno previsto 200 milioni nel 2026 e nel 2027, un decimo di quello che era. E poi stanno facendo scempio del sistema fiscale: introducono nuove aliquote come se estraessero numeri al lotto. Per noi a parità di reddito si deve pagare la stessa imposta. Esattamente il contrario di quello che fanno loro, che per ogni tipologia di reddito creano un regime speciale».