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Il vento nuovo di Chicago. Alla Convention Biden abbraccia Harris

Roberto Speranza
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Mario Rossi - La Repubblica

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Chicago è la città del vento. E forse proprio da qui può partire una stagione nuova per gli Stati Uniti. Fino a poche settimane fa, tra i democratici (non solo americani) regnava la paura più grande: il ritorno di Donald Trump alla presidenza. Oggi la candidatura di Kamala Harris ha riacceso la speranza. I delegati ci credono. Una sfida che sembrava impossibile è diventata possibile. Me ne rendo conto già all’aeroporto, dove ad accogliere i democrats ci sono volontari dappertutto con il sorriso e la voglia di dare ogni tipo di informazione (altro che partito liquido!).

Il più ottimista è Tarik, un giovane delegato della Pennsylvania, uno degli Stati cruciali per l’esito delle presidenziali. Lo incontro in treno e mi dice che dalle sue parti, in pochi giorni, le persone coinvolte nella campagna elettorale sono raddoppiate, cosi come sono cresciuti i contributi finanziari. Certo sarà una battaglia dura, ma lui è sicuro che alla fine Kamala ce la farà. Gli chiedo se non teme che l’America più profonda, quella delle aree interne, possa avere paura di una soluzione cosi innovativa e tornare a votare per Trump come ha già fatto otto anni fa. Mi dice che il rischio c’è, ma che Trump avrebbe sicuramente vinto contro Biden. Invece, contro Kamala, in un istante sembra un oggetto dell’altro secolo. E nessuno in fondo vuol tornare indietro.

Faccio quasi un’ora di fila per entrare allo United Center, con una serie infinita di controlli di sicurezza. È un palazzetto da oltre 20 mila posti. Durante l’anno è uno dei luoghi più simbolici del basket americano. Questa è stata la casa di Michael Jordan e ancora oggi qui giocano i Chicago Bulls. Il palazzetto è stracolmo dal pomeriggio. Si alternano delegati di tutti gli stati, rappresentanti di sindacati e associazioni, sindaci e governatori, star dello sport e dello spettacolo. Al lato del palco c’è una vera e propria orchestra che accompagna i cantanti. Gli interventi sono molto brevi ed incisivi. Sono essenzialmente appelli alla mobilitazione. Lavoro, sanità, difesa dei diritti i temi più toccati. Ma la platea esplode ogni volta che si interviene duramente contro il nemico numero uno: “guilty” Donal Trump. È la rappresentazione in persona di quanto di più lontano vi possa essere dalla cultura progressista dei democratici americani. Un avversario facile e un collante naturale per i democrats. C’è grande entusiasmo per tutto il tempo. In serata inoltrata sono previsti gli interventi più attesi.

Kamala non è in agenda stasera, ma ad un certo punto, a sorpresa, sale sul palco e i 20 mila dello United impazziscono letteralmente. Parla solo per pochi minuti. Dice che ci tiene ad esserci per ascoltare il suo presidente. Dice grazie a Joe Biden per come ha servito gli Stati Uniti. È incredibile quanto velocemente ed efficacemente si sia calata nel ruolo di candidata presidente.

Scalda come pochi la platea Alexandria Ocasio-Cortez, che è l’unica a ricordare la tragedia di Gaza e a richiedere con forza il “Cessate il fuoco” proprio mentre fuori dal palazzetto ci sono dimostranti con le bandiere palestinesi a chiedere una pozione più netta dei democratici. Più lungo degli altri ed anche molto applaudito l’intervento di Hilary Clinton che valorizza al massimo la grande occasione degli Stati Uniti di avere per la prima volta una donna presidente. Cortez e Clinton esprimono posizioni molto diverse nel partito, ma sono applaudite con lo stesso entusiasmo, a dimostrazione di quanto la base democratica sia unita in questa sfida.

Questa però è la serata di Joe Biden, il vecchio Presidente che ha rinunciato alla corsa. L’accoglienza nei suoi confronti è caldissima. “We love Joe” è scritto sui cartelli che vengono distribuiti in platea. Un discorso molto forte in difesa della democrazia, contro l’idea che si possa tornare indietro. Un discorso per rassicurare la middle working class che sarà decisiva negli stati in bilico. Il Presidente ha rivendicato i risultati economici e riaffermato l’idea di fondo di uno sviluppo equo e sostenibile basato su un fisco progressivo. “L’America non l’ha fatta Wall street, l’hanno fatta i nostri lavoratori”,  ha detto Biden. Nel lungo discorso conclusivo (per me il più politico tra tutti quelli ascoltati stasera) ha rivendicato il ruolo internazionale degli Stati Uniti, riaffermando l’impegno a favore dell’Ucraina e ribadendo lo sforzo per arrivare a una tregua in Medio Oriente. Naturalmente la serata si chiude con l’abbraccio sul palco tra il Presidente Biden e la candidata Kamala. Speriamo tutti sia un passaggio di consegne! “When we fight We Win!”.

 

Lavoro e democrazia. Per una legge sulla rappresentanza.

Il 25 novembre si è tenuta a Roma la prima iniziativa di Compagno è il Mondo. Sono intervenuti tra gli altri: Pier Luigi Bersani, Maria Cecilia Guerra, Elly Schlein, Arturo Scotto, Michael Braun, Cristian Ferrari, Michele Raitano, Alessandra Raffi.
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