compagno

Lo sappiamo comme fa ‘o core. Pino Daniele e noi, dieci anni dopo

Arturo Scotto
Picture of Mario Rossi - La Repubblica

Mario Rossi - La Repubblica

Lorem ipsum dolor sit amet consectetur adipiscing elit dolor

di Arturo Scotto

Inutile dire cosa ha significato per me Pino Daniele. I primi concerti che ho visto nella mia vita sono stati i suoi. Per chi attraversava l’adolescenza tra gli anni ’80 e l’inizio degli anni ’90 erano una tappa obbligata, una forma di educazione sentimentale, il passaggio all’età adulta.

Pino Daniele non ti raccontava mai Napoli in maniera consolatoria, vittimistica, folcloristica. Napoli insomma per lui non è mai una “canzuncella”: è un grido di dolore. E anche il suo dialetto purissimo – con cui accompagnava costantemente le melodie, rivendicandolo e rifiutando a modo suo l’omologazione televisiva sui canali nazionali – non era stato sporcato dalle pose narcisistiche degli ultimi anni in cui il brand Napoli è diventato oggetto di consumo di massa.

Pino Daniele era innanzitutto un cantautore internazionale. Nella sua musica c’era il mondo, nel suo racconto c’era il meticciato, il blues e il jazz e poi il suo innamoramento per l’Africa i suoi sound talvolta intraducibili.

La sua natura irriducibile era la rivendicazione di essere sempre stato “un nero a metà”, nonostante fosse nato tra i due decumani: il figlio legittimo della stratificazione millenaria di una città che aveva convissuto con tante dominazioni e che era uscita dal dopoguerra con il timbro vocale dell’America che liberava e imprigionava allo stesso tempo, dei suoi figli irrisolti e non riconosciuti, un omaggio permanente alla tammurriata nera della vita quotidiana che ne aveva segnato la natura di porto strategico del Mediterraneo nel tempo della guerra fredda, quando la sesta flotta non rendeva possibile al mare di bagnare la città ma allo stesso tempo le consentiva di sopravvivere come luogo di approdo, di scambio, di innovazione.

Forse una delle sue canzoni più iconiche resta “Chi tene ‘o mare”: cammina con la “vocca salata” – quindi sempre alla ricerca di una giustizia che viene da fuori e che non arriva – ma anche che “chi tene ‘o mare nun tene niente” perché non è padrone delle proprie comunicazioni con il mondo: sicuramente snodo di colonizzazioni esterne ma mai rampa di lancio autonoma verso la scoperta dell’infinito.

La sua rabbia – e forse anche la sua fame – lo rendeva involontariamente portavoce di una generazione a cui era stato detto – anche dalla sinistra – di organizzarsi come disoccupati o di andare altrove a cercare fortuna, ma non di impegnarsi a guardare ai processi di fondo tra la speculazione edilizia, il terremoto, le diseguaglianze tra aree del paese.

Napoli era la fonte di ispirazione per incanalare una una rabbia che lui raccontava tutti i giorni, senza paura e senza peli sulla lingua. A cui non faceva mai sconti, nemmeno delle sue debolezze. Non avrebbe approvato la riduzione della città a una mera cartolina da contemplare.

Eduardo lo omaggiò per la “tazzulella ‘e cafè” che denunciava il modo in cui si accomodavano le cose all’ombra di fenomeni diffusi di corruzione e di infiltrazione camorristica nella Napoli in cui si “alzavano i palazzi”. Troisi invece ne succhiò fino in fondo la vena poetica e romantica in un sodalizio indimenticabile che segnerà tutti gli anni ’80 di Napoli – ma forse del paese in generale – portando Pino nell’universo dei più grandi autori a cavallo dei due secoli. Con Troisi che non risparmiava la battuta – paradossale quanto autoironica – secondo cui girava i film soltanto quando uscivano gli album di Pino Daniele. Se lui aveva una colonna sonora buona, lui creava un soggetto cinematografico e mai viceversa.

“‘O ssaje comme fa ‘o core” fu la forza e la disgrazia che li aveva uniti: entrambi morti per quel muscolo che aveva generato solo arte in purezza e sentimenti immortali ma che aveva consegnato loro pochi anni di vita per crearla. Ciao Pino, dieci anni sono ancora pochi per raccontare e scavare nella tua grandezza. A me manchi. Tanto.

Lavoro e democrazia. Per una legge sulla rappresentanza.

Il 25 novembre si è tenuta a Roma la prima iniziativa di Compagno è il Mondo. Sono intervenuti tra gli altri: Pier Luigi Bersani, Maria Cecilia Guerra, Elly Schlein, Arturo Scotto, Michael Braun, Cristian Ferrari, Michele Raitano, Alessandra Raffi.
VIDEO

SOCIAL

Comments Box SVG iconsUsed for the like, share, comment, and reaction icons
Copertina per Articolo Uno
Articolo Uno

Articolo Uno

37,625

Articolo Uno è anche
su Twitter: @articoloUnoMDP
su Youtube https://www.youtube.com/channel/UCRL6RxUdp78HEOPPW46tIgg

La pace prima di tutto. Buon Natale da Compagno è il Mondo.

La pace prima di tutto. Buon Natale da Compagno è il Mondo. ... Vedi altroVedi meno

2 weeks ago

3 CommentiComment on Facebook

La pace prima di tutto si, ma purtroppo sembra un'utopia.

Buone feste

Molto bene, pace per tutti, ma noi in Italia dobbiamo anche dire sempre comunque antifascisti. BUONE FESTE A TUTTI

Carica altro

RASSEGNA