di Arturo Scotto
Torna all’ordine del giorno del Parlamento la proposta di legge sulla riduzione dell’orario a parità di salario, frutto di una sintesi – difficile e coraggiosa – tra Pd, M5S e Avs. La leva per sostenerla potrà essere un “Fondo nuove competenze”: risorse aggiuntive (275 mln all’anno) per la sottoscrizione di accordi tra le parti sociali per la riduzione fino a 32 ore settimanali. Si prevedono 3 anni di sperimentazione incentivata attraverso la decontribuzione per le imprese (fino al 50% per le Pmi) e monitorata da un Osservatorio Nazionale istituito ad hoc presso il ministero del Lavoro; una normativa a supporto della contrattazione che condurrà, a regime, alla riduzione per legge fino al 10% dell’orario per i settori produttivi che almeno per il 25% abbiano adottato la riduzione.
Il governo – come fu già per il salario minimo – ha osteggiato la proposta fino alla presentazione di un emendamento integralmente soppressivo. Abbiamo ottenuto un rinvio per un confronto col governo dopo una dura lotta parlamentare, ma è evidente la loro ostilità ideologica. Esattamente l’opposto di quanto accade nella Spagna socialista, che a fine dicembre ha siglato un’intesa tra ministero del Lavoro e sindacati denominato «Accordo sociale per la riduzione della giornata lavorativa. Lavorare meno, vivere meglio».
Una proposta che introduce anche il diritto alla disconnessione per «mettere fine a molti dei problemi di salute mentale che abbiamo a causa dello stress lavorativo e con esso, probabilmente, ai problemi di assenteismo associati» e la creazione di un registro elettronico per evitare abusi sui turni e sulle ore effettivamente lavorate rispetto ai contratti stipulati. Con la modifica dell’articolo 34 dello statuto dei lavoratori iberico si stabilisce – fatta salva la contrattazione collettiva – il principio che dal 31 dicembre del 2025 nessuno potrà lavorare oltre le 37,5 ore a settimana. Dunque, si può scendere sotto la soglia stabilita per legge attraverso gli accordi sindacali, ma non si può salire. Sopra quel limite si entra nel lavoro straordinario e, qualora venisse aggirata la norma, sono previste importanti sanzioni per le aziende. Per il part-time non vale naturalmente la riduzione, ma dal 2025 scatta un incremento del salario orario proporzionale alla riduzione complessiva dell’orario.
Alle imprese toccano sgravi contributivi per la digitalizzazione così come nella nostra proposta, che introduce però anche una specifica agevolazione per i lavori usuranti e gravosi. Non ci sono deroghe settoriali, se non sulla base di specifici accordi e in ogni caso limitati nel tempo. Yolanda Diaz, vicepresidente del governo e ministra del lavoro, prevede l’approvazione definitiva della legge entro il terzo trimestre del 2025. Pur scontando opposizioni degli industriali e una discussione nella stessa coalizione di governo, la Spagna sarà capofila di un’importante riforma complessiva del mercato del lavoro alternativa all’egemonia della deregulation.
Si riducono al massimo gli istituti della precarietà – a partire dalla preferenza normativa per il contratto a tempo indeterminato – e s’ingaggia la sfida della produttività e dell’innovazione con una diversa conciliazione dei tempi di vita e lavoro. Sperimentazioni che in Italia sono state effettuate con successo da alcune imprese importanti – ad esempio Intesa San Paolo, Lamborghini, Luxottica, Aspi. Tema – uno dei punti qualificanti della piattaforma unitaria di Fim-Fiom-Uilm – che però fa fatica ad affermarsi nel rinnovo del contratto metalmeccanico.
La via legislativa è dunque necessaria per consentire ai sindacati di avere più margine nel negoziato. La retorica trionfalistica di Giorgia Meloni umilia invece un’occupazione sempre più precaria e instabile, nega un calo costante – 21 mesi! – della produzione industriale, sbuffa all’esplosione di cassa integrazione in settori manifatturieri di primissimo piano, dall’automotive alla elettrodomestica, dalla chimica di base alla moda.
Per costruire il futuro ci vogliono politiche industriali in grado di fare tesoro dell’impatto dell’intelligenza artificiale, altrimenti sarà declino e disoccupazione. Occorre un nuovo patto per la qualità dell’occupazione e per la qualità della produzione.
Nel progetto per l’Italia avanzato da Elly Schlein si sostiene che il Paese non reggerà sulla scena internazionale competendo sui costi, alimentando un modello di capitalismo che scommette su lavoro povero e compressione dei diritti. La sfida sull’orario di lavoro rappresenta inoltre liberazione di spazi per la vita quotidiana, formazione come diritto soggettivo permanente, partecipazione consapevole alla costruzione di una società più giusta e inclusiva.
La transizione può avere – se guidata dalla politica – un doppio dividendo: sociale e ambientale. Se riesce a farlo la Spagna, può riuscirci benissimo anche l’Italia.