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Yes we can 2024. Alla Convention di Chicago il giorno degli Obama

Roberto Speranza
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Mario Rossi - La Repubblica

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Quando i delegati che incontro capiscono che sono italiano tirano fuori sempre un bellissimo “uaooo!”. Ho la conferma del fatto che tra il nostro Paese e gli Stati Uniti ci sia un rapporto speciale che viene da lontano. Chiedo a tutti cosa si aspettano da questa campagna. In molti, dopo avermi risposto, vogliono sapere cosa succede in Italia. David dal Michigan sa che in Italia governano gli amici di Trump e mi chiede quando li manderemo a casa. “Presto” rispondo, “ma ora tocca a voi fare la vostra parte”.

Oggi sembra ci sia addirittura più gente di ieri. La star della giornata è Barack Obama, il Presidente rimasto nel cuore di tutti. Il suo è programmato come l’ultimo intervento della giornata e prima di lui c’è Michelle. La fila per entrare e superare i controlli di sicurezza è lunghissima anche oggi. Tra le persone in coda arrivano attivisti filo palestinesi che provano a convincere i delegati a schierarsi per il cessate il fuoco. Ho ancora la prova che la questione di Gaza è un tema vero per l’elettorato democratico. Il tratto finale di coda prima di accedere al palazzetto mi fa incrociare un’altra manifestazione. Sono gli antiabortisti. Con cartelloni e megafoni tirano fuori la peggiore propaganda ultra conservatrice. “L’aborto è omicidio”, “Dio vi punirà”, “Dio odia il sangue dei piccoli innocenti”. La sensazione è che su questo tema ci sia uno scontro vero nel profondo della società americana. L’arretramento provocato dalle scelte dei giudici nominati da Trump è una ferita aperta. La difesa del diritto delle donne alla libera scelta è un cavallo di battaglia dei democratici e un punto forte di attacco ai repubblicani che con Trump svelano il loro volto più retrogrado.

La prima parte della convention oggi è dedicata ai delegati dei diversi stati che si alternano con interventi di gruppo piuttosto folkloristici. Una delegata di Chicago mi dice: “Doveva essere un funerale. Invece è una grande festa!”. Questo è il clima che si respira.

Durante “la festa” viene a salutarmi Xavier Becerra. È il loro ministro della salute. Abbiamo lavorato insieme negli anni più duri della pandemia ed è nata una bella amicizia che continuiamo a coltivare. Lui è californiano. Sul risultato in California, dove i dem sono fortissimi, ha pochi dubbi, ma sul resto è molto prudente. Pensa che la partita sarà molto dura.

Prima della fase finale prende la parola Bernie Sanders. Salari più alti e sanità universale, educazione per tutti e pace a Gaza sono i suoi temi. Qualcuno dice che Bernie è il Bersani dei democratici americani. Non so se sia vero sinceramente, ma le cose che dice mi convincono molto e le sento culturalmente vicine.

Prima di Michelle e Barack Obama parla Douglas Emhoff. Oggi è “Second Gentleman of the United States”. È il marito della Vice Presidente Kamala Harris. Tutti qui sperano che sarà il primo “First Gentleman” della storia. C’è curiosità attorno a lui. Si mostra empatico e diretto e i 20 mila dello United lo incoraggiano calorosamente.

Michelle è una vera star. Quando sale sul palco il palazzetto esplode di entusiasmo. Non riesce a parlare per qualche minuto, sommersa dagli applausi. Tutto il suo intervento è centrato su Kamala e sulla necessità di mobilitarsi per portare per la prima volta una donna alla guida degli Stati Uniti. Alla fine Michelle, emozionata, chiama sul palco Barack. I due si abbracciano. Sono la coppia che ha guidato gli Usa per 8 anni.

Lui è un grande leader e lo dimostra anche stasera. Brillante e determinato. Il suo discorso ruota attorno all’idea di difendere la democrazia. Per farlo è urgente far star meglio le persone. Tutte, nessuna esclusa. Se le persone non stanno bene, la democrazia è a rischio. Per questo serve visione ma anche scelte concrete: più case, più sanità pubblica (rivendica l’obamacare), più scuole. Mentre parla più volte dal pubblico parte il “yes we can” della sua prima campagna. Speriamo porti bene. Ne hanno bisogno gli Stati Uniti e ne ha bisogno il mondo intero.

(Leggi qui il precedente articolo: Il vento nuovo di Chicago)

Lavoro e democrazia. Per una legge sulla rappresentanza.

Il 25 novembre si è tenuta a Roma la prima iniziativa di Compagno è il Mondo. Sono intervenuti tra gli altri: Pier Luigi Bersani, Maria Cecilia Guerra, Elly Schlein, Arturo Scotto, Michael Braun, Cristian Ferrari, Michele Raitano, Alessandra Raffi.
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