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Guerra: detrazioni da ridurre, e invece si fa il contrario

Marco Palombi - Il Fatto quotidiano
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Mario Rossi - La Repubblica

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Intervista a Il Fatto quotidiano

di Marco Palombi

Maria Cecilia Guerra è una deputata del Pd, già sottosegretaria al Lavoro e all’Economia, ma è anche una dei pochi economisti italiani a essersi interessata al welfare aziendale e ai flexible benefit. Qualche giorno fa, però, dopo la proposta di Federmeccanica di cui vi parliamo qui accanto, ha abbandonato gli usuali toni accademici: “Si trasforma un pezzo di salario in benefit, agevolati fiscalmente ma privi di contribuzione. un bel vantaggio per i datori di lavoro, una bella fregatura per il lavoratore. E una fregatura ancora più grossa per chi i benefit non li ha… e neanche gli aumenti”.

Eppure il peso dei benefit nella contrattazione aumenta. 

Intanto è un processo molto variegato, che va scomposto. I benefit possono essere contrattuali, ma anche individuali e assegnati unilateralmente dall’azienda. In generale un welfare aziendale che affianca e rafforza settori come previdenza e sanità è una cosa, altro sono forme come la monetizzazione di beni e servizi, ad esempio il bonus spesa, che hanno poco a che fare col welfare.

Ma è proprio la monetizzazione che cresce di più. 

E per questo vanno ricordate due cose: in primo luogo la vita di queste forme di welfare è legata a misure fiscali, pagate da tutti; in secondo luogo che a prima vista si tratta di un vantaggio per il lavoratore perché aumenta il netto, ma su quei sold manca la contribuzione e la cosa per il lavoratore avrà un impatto negativo al momento della pensione.

E questo costa pure bei soldi al fisco. 

Stiamo dando agevolazioni fiscali a una componente limitata di persone e creando, via spesa pubblica, un sistema di welfare lavoristico, cioè legato al posto di lavoro, e non universale. Bisogna ricordare che passo avanti fu l’abbandono delle mutue per servizi universali, a partire dalla sanità, basati sui diritti di cittadinanza. Ripeto: accompagnare il welfare universale è un conto, ma se il pubblico si ritira e i benefit servono a saltare la fila per le analisi non va. bene. È un problema serissimo: si incentiva un sistema iniquo che contrasta col principio di universalità.

Spesso non è chiaro che il welfare aziendale in Italia è in sostanza spesa pubblica. 

In generale c’è scarsa consapevolezza che le agevolazioni fiscali sono una spesa e dunque sottraggono risorse alla collettività: andrebbero valutate come un qualunque trasferimento monetario. Ad esempio il raddoppio, voluto dal governo Meloni, della decontribuzione per i fringe benefit ai lavoratori con figli sono il contrario del welfare universale, il contrario dell’assegno unico.

Spieghi perché non va bene a un lavoratore che vede aumentare il suo netto. 

È una decomposizione del salario con una parte della contrattazione che finisce a carico della fiscalità generale pur essendo diretta a una minoranza di lavoratori: la contrattazione secondaria riguarda in genere le grandi imprese e non le piccole, più l’industria dei servizi, più il Nord del Sud, più gli uomini che le donne.

Perché allora è in aumento?

Di fatto è una reazione, finanziata dallo Stato, al problema dei bassi salari attraverso una scorciatoia ingiusta: la contrattazione va riportata sulla retta via e il lavoratore pagato in modo equo, come prevede la Costituzione, tanto più che stipendi equi sostengono la produttività e l’innovazione nelle imprese. Bisognerebbe contenere le agevolazioni fiscali e invece si fa il contrario, consentendo anche di trasformare il premio di produttività in welfare aziendale.

Quella fu un’innovazione del Jobs act, governo del Pd: lei uscì, con altri, dal partito di Renzi ma il fatto resta. 

Credo che in quella fase storica il gruppo dirigente del Pd pensò che il sostegno fiscale ai premi di produttività e al welfare aziendale fosse un modo per favorire la contrattazione decentrata, mentre ora credo sia evidente a tutti quanto conti la contrattazione nazionale anche per contenere disuguaglianze e sfruttamento. Un tema che non può essere disgiunto da quello della rappresentanza sindacale, cioè da chi è titolato a questa contrattazione nazionale. Penso che nel Pd questo adesso sia chiaro, come pure è chiara la necessità di rafforzare il welfare universale.

Altro tema: perché, se è vero quel che ci siamo detti, i sindacati confederali accettano sempre più spesso i flexible benefit nei loro contratti? 

Sono in difficoltà, pressati da più lati e si adattano perché almeno ottengono un risultato: i lavoratori vedono aumentare il netto in busta paga, anche se sottovalutano l’assenza di contributi, le imprese pagano meno il lavoro e, mi lasci aggiungere, le piattaforme che gestiscono i pagamenti fanno grandi guadagni.

Lavoro e democrazia. Per una legge sulla rappresentanza.

Il 25 novembre si è tenuta a Roma la prima iniziativa di Compagno è il Mondo. Sono intervenuti tra gli altri: Pier Luigi Bersani, Maria Cecilia Guerra, Elly Schlein, Arturo Scotto, Michael Braun, Cristian Ferrari, Michele Raitano, Alessandra Raffi.
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L’Europa verso un’economia di guerra? Siamo qui perché crediamo che si possa ancora cambiare il corso delle cose, per questo nel titolo abbiamo messo un punto interrogativo. Anna Colombo apre i lavori del convegno dell’associazione Compagno è il mondo con Andrea Roventini, Peppe Provenzano, Arturo Scotto, nei prossimi giorni il video sarà sul canale YouTube.

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2 weeks ago
SALVA LA DATA
Giovedì 10 ottobre alle ore 15. Qui tutte le info per partecipare👇🏻👇🏻👇🏻

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3 weeks ago

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Siamo già nella merda, altro che guerra Tutto grazie a politici di cacca

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