di Roberto Ciccarelli
«Meloni dovrebbe dare la tessera onoraria di Fratelli d’Italia a Mario Monti – sostiene Alfredo D’Attorre, professore di Filosofia del diritto e responsabile università e ricerca del Partito democratico – Se il suo governo andrà avanti, avremo restrizioni di bilancio più severe e durature. Meloni ha preso i voti dicendo che avrebbe cambiato l’Europa. Ha invece sottoscritto un Patto di Stabilità recessivo e ora fa pagare ai cittadini l’austerità».
Centoventidue società scientifiche hanno denunciato 500 milioni di tagli complessivi nel 2024 e parlano di altri 702 milioni in arrivo per i prossimi tre anni con la manovra. Cosa sta succedendo?
Siamo all’inizio di una nuova e drammatica stagione di definanziamento dell’università pubblica. Rischia di avere effetti più gravi di quella del periodo di Berlusconi, Tremonti e Gelmini. Si abbatteranno su un’università pubblica già pesantemente sotto-finanziata rispetto alla media europea. E ai tagli che lei ha ricordato va aggiunto il costo dell’adeguamento degli stipendi, oltre 300 milioni interamente a carico degli atenei. Questo per l’anno in corso.
La ministra dell’università Bernini sostiene che i tagli del 2024 non ci sono e non parla di quelli che il suo governo ha scritto nella legge di bilancio. Come lo spiega?
Mi pare un atteggiamento di rimozione della realtà. La ministra sta subendo in modo troppo disciplinato le decisioni di politica economica del suo governo. Avrebbe dovuto fare un’altra scelta: intestarsi la battaglia contro il definanziamento e chiedere un sostegno bipartisan. Sulla base di un argomento semplice: se guardiamo al futuro del Paese, l’istruzione è assieme alla sanità l’unico settore in cui non sono ammessi tagli, anche in una nuova stagione di austerità. E basta confondere le mele con le pere: una cosa è il fondo ordinario di finanziamento degli atenei, un’altra è il Pnrr con risorse una tantum, che per produrre risultati richiederebbe semmai un aumento degli investimenti strutturali.
Bernini ha annunciato una riforma dell’accesso all’insegnamento. In cosa consiste?
Allungherà il periodo che passa tra la conclusione del dottorato e l’ingresso in ruolo, producendo un aggravamento del precariato. C’è poi un’incredibile ciliegina sulla torta: la creazione della figura del professore aggiunto, per la quale non sarà richiesta alcuna qualificazione scientifica e che potrà essere reclutata per chiamata diretta. È una provocazione rispetto a migliaia di ricercatori che hanno conseguito un’abilitazione scientifica nazionale e ai quali oggi il sistema non offre una possibilità di inserimento. Invece di regolamentare le università telematiche, si importano le loro modalità nell’università pubblica. È evidente il filo che unisce la deregulation delle università telematiche, contenuta nel decreto-Bandecchi, con i tagli alle risorse e la precarizzazione della ricerca.
Il Pnrr finirà a metà del 2026. Che fine faranno tutti i precari assunti con i suoi soldi?
Con le scelte attuali del governo rimarranno senza alcuna prospettiva. E il nostro paese sarà più povero. Tra fine del Pnrr, riduzione delle risorse ordinarie ed esplosione del precariato l’università sta entrando nella tempesta perfetta.
Ieri con la segretaria del Pd Elly Schlein a Roma avete detto che tutto questo rientra in una strategia. La manovra, in effetti, taglierà 12 miliardi, circa sei agli enti locali. Con quali effetti?
Se colpisci comuni e regioni, inevitabilmente tagli servizi sociali, trasporto locale e istruzione primaria. C’è una linea di fondo: impoverire il Welfare pubblico e favorire quello privato. Ciò che accade nell’istruzione e nella ricerca è perfettamente simmetrico a ciò che la destra sta facendo nella sanità.
La manovra è stata promossa dalla Commissione Ue e dal commissario uscente all’economia Paolo Gentiloni che fa parte del suo partito. Nel Pd c’è una riflessione su questo?
La proposta originaria della Commissione era migliore rispetto a quella attuale. Gentiloni lo ha detto spesso. Personalmente ho un giudizio più pessimista del suo sugli esiti della mediazione raggiunta. La responsabilità è dei governi che hanno voluto questo patto. E di Meloni che lo ha firmato sapendo quali effetti avrebbe prodotto.
Però avete votato la nuova Commissione Von Der Leyen che applicherà il Patto di Stabilità…
Il voto è stato deciso per evitare uno stallo in un momento internazionale delicato. Personalmente penso però che, se la Commissione riproporrà l’austerità di bilancio con la sola eccezione per le spese militari, il Pd e i socialisti europei dovranno distanziarsi con nettezza da questa linea.