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Il vecchio Clinton e il nuovo Walz: l’orgoglio democrat, tutto al futuro

Roberto Speranza
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Mario Rossi - La Repubblica

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Dal centotreesimo piano della Willis Tower di Chicago c’è una vista pazzesca. Si scorgono ben quattro Stati: Michigan, Indiana, Wisconsin e ovviamente Illinois. Negli Usa la partita per eleggere il Presidente non dipende dai voti assoluti che ciascun candidato prende, ma dagli Stati che vengono conquistati e dal loro peso elettorale. Basta un voto in più e prendi tutto il bottino elettorale di ciascuno stato. Ogni volta che incontro un delegato, mi racconta come va dalle sue parti. John di Seattle mi dice che dalle sue parti si vince. Il Texas invece è uno degli Stati impossibili per i democratici. Me lo dice Steve da Dallas e me lo conferma Cristian Di Sanzo, il deputato italiano eletto in nord e centro America. Lui vive a Houston e conosce bene quanto sia radicata la cultura dei Repubblicani da quelle parti. Oggi è con noi alla convention Peppe Provenzano, mio caro amico e responsabile Esteri del Pd. Sta facendo un gran lavoro nel tessere relazioni con i partiti della famiglia socialista e progressista. Le due attrazioni principali di giornata sono: Tim Walz, il candidato vice presidente, e Bill Clinton.

La prima parte della serata è dedicata a sindaci, governatori e associazioni. Tra queste c’è quella che promuove il voto tra i “Latinos”. Le minoranze pesano molto in questa campagna e la loro rappresentante dice chiaramente che “quando i latinos votano, i democratici vincono”. Una delle sfide più delicate di Kamala sarà tenere un equilibro tra la necessità di rappresentare le minoranze di cui lei stessa è espressione e l’obiettivo di rassicurare la maggioranza della popolazione bianca, su cui la propaganda di Trump lavora ogni giorno iniettando dosi di paura.

Grazie al nostro amico italoamericano Angelo facciamo un giro nel backstage. Incontriamo Nancy Pelosi che sta per intervenire. È molto affettuosa con noi italiani, lei è originaria del Mezzogiorno. Il suo speech è forte e apprezzato dalla platea. Nel frattempo c’è un intermezzo musicale di Steve Wonder. Poi arriva il momento dei giovani dem più in vista: Josh Shapiro e Pete Buttigieg (il cui padre è un autorevole divulgatore di Gramsci). Discorsi motivanti, voglia di affermarsi rilanciando la promessa americana.

Ma la vera star è Bill Clinton. Quando sale sul palco si sente il suo peso. Chi si aspettava un discorso sul suo passato è rimasto deluso. Parla di futuro e della necessità di tenere insieme le differenze con la guida di Kamala. Clinton tocca le corde che la platea vuol sentire: eguaglianza, libertà di scelta per tutti, inclusione. Può piacere o meno, ma si vede l’esperienza di chi ha guidato gli Usa per 8 anni.

Il finale è tutto per Tim Walz. Sconosciuto al grande pubblico fino a poche settimane fa, sembra invece che abbia da sempre calcato i palcoscenici nazionali. Una retorica tutta sua, chiara, diretta e soprattutto popolare. È il volto rassicurante di questa campagna elettorale e al tempo stesso il portatore del messaggio più forte sulla giustizia sociale. Rivendica i risultati da governatore, la mensa gratis per i bambini di tutte le scuole e le battaglie per la difesa delle libertà delle donne. Non è troppo radicale come lo accusa la destra, è semplicemente giusto e di sinistra. Lui ne va fiero. E la base democratica ne è orgogliosa. Speriamo davvero sarà il prossimo Vice President. Il popolo della Convention ci crede.

Con la collaborazione di Peppe Provenzano, Cristian Di Sanzo e Niccolò Carboni.

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Il 25 novembre si è tenuta a Roma la prima iniziativa di Compagno è il Mondo. Sono intervenuti tra gli altri: Pier Luigi Bersani, Maria Cecilia Guerra, Elly Schlein, Arturo Scotto, Michael Braun, Cristian Ferrari, Michele Raitano, Alessandra Raffi.
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