compagno

Perché un’associazione

di Arturo Scotto

Un’associazione. Abbiamo atteso qualche mese, lasciato posare un po’ di polvere, ascoltato territori e organizzazioni sociali per mettere a punto le nostre idee e provare a dare una mano.

Abbiamo atteso qualche mese, lasciato posare un po’ di polvere, ascoltato territori e organizzazioni sociali per mettere a punto le nostre idee e provare a dare una mano. L’Associazione Compagno è il Mondo è lo strumento che ci siamo dati dopo la scelta di sciogliere Articolo Uno come partito politico per dare una mano, al Pd guidato da Elly Schlein e alla sinistra tutta, a riportare gli scarponi nei luoghi di sofferenza e del disagio, nelle contraddizioni di un modello di sviluppo che scarica l’ambiente e privatizza il lavoro, desertifica la solidarietà e produce guerre, nella perdita di forza di una democrazia stanca dove più della metà delle persone smettono di identificarsi nel gioco elettorale ed eliminano la partecipazione dal loro orizzonte vitale.
Questa fotografia ci parla della necessità di aggredire questo tempo senza misurare le parole ma restituendo loro significato e forza. Abbiamo una destra in Italia che riscrive la storia, riproduce superstizioni e millenarismi antiscientifici, spacca il paese con l’autonomia differenziata, ripercorre la strada già battuta (anche nel centrosinistra nel recente passato) della svalorizzazione del lavoro e del ridimensionamento delle relazioni sindacali, attacca la radice universalistica dei beni comuni, randella i diritti civili in nome di un tradizionalismo strabico.

Serve dare una mano alla sinistra a recuperare la bellezza del confronto culturale, a scalare le vette del pensiero forte e autonomo, a sconfinare nella periferia immensa di un pianeta dove l’aumento del Co2 coincide con l’esplosione di fughe bibliche dall’amara terra delle origini. Confrontarsi con questi problemi diventa buonismo se non si intravede l’alfa e l’omega che mobilita gli esseri umani da quando la storia ha scelto di diventare adulta: il conflitto.
Non esiste una forma politica che alimenta speranza senza il conflitto e senza un popolo che lo interpreta. Pensare alla democrazia come il regno dell’armonia ha svuotato gli istituti della rappresentanza e fatto slittare quelli della decisione nella comfort zone del potere della tecnica, che non ha bisogno della cittadinanza attiva come contropotere perché investita pienamente dal primato dogmatico della neutralità della leva politica. Ma quando la leva politica diventa neutra vince la legge del più forte.
Oggi c’è bisogno di una rivalutazione della politica e dunque della democrazia. Questo significa fare i conti con i limiti degli anni che ci siamo lasciati alle spalle, ma soprattutto elaborare piste innovative su cui puntare qualche fiche senza avere paura di chiamare le cose con il proprio nome.
Non esiste possibilità di alimentare una nuova stagione di alti salari e di diritti dei lavoratori senza restituire alle organizzazioni sindacali una legge sulla rappresentanza che dia peso a chi sceglie la strada della confederalità e non del corporativismo. I contratti pirata sono l’alfabeto di un capitalismo italiano che intraprende la strada della competizione internazionale facendo leva su salari insignificanti e tutele innocue. Una democrazia senza lavoro di qualità è destinata a indebolirsi, a perdere connessione sentimentale, a trasformarsi in un puro esercizio rituale il giorno del voto.
Per questo occorre una rivoluzione del lavoro che non rincorra la velocità fulminante della rivoluzione dell’intelligenza artificiale: liberare e redistribuire il tempo del lavoro, garantire sicurezza e salute, eliminare la precarietà e il sottosalario, introdurre la retribuzione minima e rafforzare la contrattazione, finalizzare le politiche industriali in chiave sostenibile e solidale.
Ci chiamiamo Compagno è il Mondo perché vogliamo restituire respiro alla ricerca di un orizzonte socialista e democratico che non può essere ridotto ai confini nazionali. Non esiste una sinistra sganciata dall’Europa che conti qualcosa, ma l’Europa non si salva se non recupera un respiro che abbia come fondamento la difesa di un modello sociale che si basa sulla redistribuzione, sull’universalismo dei diritti e sulla difesa della pace.
Pace, una parola piena di politica: c’è un’assuefazione generalizzata alla cultura della guerra. Come se fosse un tratto inevitabile del nostro tempo. Dall’Ucraina al Medio Oriente, dal Nagorno Karabakh al Sahel: questi fuochi accesi ci dicono che se la politica non fa un passo in avanti per costruire una nuova stagione di multilateralismo e di coesistenza pacifica, saranno le armi a far nascere un ordine mondiale nuovo.
Quest’agenda porteremo avanti, provando a incrociare i filoni diversi del pensiero progressista che animano il nostro campo. Essi saranno parte integrante del nostro progetto attraverso un Comitato scientifico aperto e plurale.
Senza barriere né passaporti da esibire, proprio come abbiamo provato a fare in questi anni con Articolo Uno. Non l’orto da coltivare, ma il campo da arare. La nostra missione vuole essere quella di dare una mano a pensare, a elaborare, ad agire. Ma anche a promuovere le nuove generazioni che bussano alle porte delle organizzazioni politiche e chiedono di cambiarle in profondità.
Vogliamo essere lo strumento di un pensiero nuovo e diventare a nostra volta uno strumento nelle mani di tutti quelli che vogliono riscrivere un matrimonio tra politica e cultura. Serve ridare valore alla parola partito e dunque anche alla parola compagno. Perché condividere è il primo passo per cambiare il mondo.

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