Intervista a La Stampa
di Niccolò Carratelli
Una «toppa elettorale». Peraltro, nemmeno cucita bene, perché «non hanno usato il filo, cioè i soldi». Roberto Speranza boccia su tutta la linea il decreto sulle liste d’attesa appena approvato in via definitiva dalla Camera. «Il vizio originario del provvedimento è che è nato a cinque giorni dalle elezioni europee, solo come una trovata propagandistica», dice l’ex ministro della Salute, deputato del Pd. A suo avviso, «la sanità deve essere il primo punto in assoluto dell’agenda politica dell’alternativa», ma la futura coalizione di centrosinistra deve fondarsi sulla «coerenza delle posizioni di ciascuno sui vari temi». E, pensando al riavvicinamento di Matteo Renzi, mette le mani avanti: «Non basta una foto durante una partita di calcio per fare un’alleanza politica».
Sicuro che il decreto liste d’attesa non funzionerà? Dal centrodestra parlano di provvedimento rivoluzionario…
«Continuano a fare campagna elettorale anche ora, dando vita a un dibattito davvero povero su un tema fondamentale come quello del servizio sanitario. Prima delle Europee si sono resi conto che su questo terreno erano in difficoltà, hanno provato a metterci una toppa finta».
Non porterà benefici?
«Mi pare che tutti i soggetti impegnati nel mondo della sanità abbiano commentato in modo univoco: se non si stanziano risorse, non si fanno passi avanti. Il rilancio del nostro servizio sanitario può avvenire solo aumentando i finanziamenti, come prevede la proposta di legge che abbiamo firmato con Elly Schlein e altri colleghi del Pd».
Ve l’hanno affossata sostenendo che non avevate indicato le coperture.
«Solo un pretesto, da parte di chi non vuole investire sulla sanità pubblica. Noi avevamo proposto delle coperture, se non le si ritenevano adeguate, potevamo confrontarci per trovarne di nuove. Durante gli anni in cui sono stato ministro, abbiamo portato la spesa sanitaria sul Pil al 7, 4%, in valori assoluti siamo passati da 2629 dollari pro capite a 3255. Si può fare. Da parte nostra massima disponibilità a sederci al tavolo per individuare le risorse, loro non cerchino scuse per giustificare la scelta di andare nella direzione opposta».
Ovvero?
«Mettono in discussione l’universalità della sanità pubblica. Più la impoveriscono e più avanza la privatizzazione strisciante. Hanno previsto fondi sufficienti a malapena per finanziare i rinnovi dei contratti del personale sanitario. Ed è assurdo pensare di risolvere il problema delle liste d’attesa chiedendo di lavorare di più ai medici, che hanno già scioperato lo scorso inverno, mentre ora si preparano a protestare gli infermieri. Ecco come stanno gli eroi della pandemia. Chi è al governo ha dimenticato quella lezione».
Le opposizioni si sono compattate sulla difesa della sanità pubblica: vede prendere forma una piattaforma programmatica comune?
«La sanità deve essere il primo punto, ma la grande battaglia che deve vederci insieme è quella in difesa della Costituzione, che le comprende tutte. La matrice della coalizione di centrosinistra non può che essere questa. Perché dentro c’è la lotta contro l’autonomia differenziata che spacca il Paese e il premierato che archivia la Repubblica parlamentare. C’è la questione della guerra e della pace, la tutela del lavoro dignitoso e, appunto, della sanità pubblica».
Sta con Bersani, che ha lanciato i comitati per l’alternativa in difesa della Costituzione?
«Sì, credo che sia la strada giusta: comitati attivi nei territori, aperti alla società per aumentare la partecipazione, declinati attraverso temi che hanno a che fare con la vita delle persone. In questo modo si può preparare una proposta forte per il Paese e farci percepire come un’ alternativa pronta ad andare al governo».
Un’alternativa composta da chi, secondo lei?
«L’obiettivo è costruire una proposta larga, sono d’accordo con Schlein sul fatto che non debbano esserci veti, ma credo che la coerenza di fondo sia necessaria: bisognerà verificare bene le posizioni di ciascun partito aderente alla coalizione sui vari temi».
Sta pensando a Renzi, vero? Lei ha lasciato il Pd proprio contestando la linea politica dell’allora segretario…
«Sono uscito dal partito perché non condividevo le scelte politiche che erano state fatte: a proposito di Costituzione, ho votato contro la riforma costituzionale del governo Renzi. Oggi sono nel nuovo Pd di Schlein perché vedo una linea politica molto diversa da quella di allora e non ho alcuna intenzione di tornare indietro».
Quindi, fosse per lei, meglio lasciar perdere Renzi?
«Dico solo che non basta una fotografia scattata a una partita di calcio per fare un’alleanza politica. La possibilità di concretizzarla va verificata nel merito, confrontandoci sulle cose da fare per il Paese. Non possiamo dimenticare che Italia viva in questi mesi ha assunto determinate posizioni politiche e in Parlamento ha spesso votato con il centrodestra. Né possiamo dimenticare come è caduto il secondo governo Conte, di cui facevo parte».
Lei si ricorda bene anche cosa disse Renzi mentre si discuteva del possibile candidato del centrosinistra in Basilicata, vero? «Tra Speranza e Bardi, scelgo Bardi».
«La domanda ha già dentro la risposta, mi pare tutto molto chiaro. Ognuno va dove lo porta il cuore».