Scotto: ridateci Barghouti. Una guida autorevole per i palestinesi

Arturo Scotto - L'Unità
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Mario Rossi - La Repubblica

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Pubblicato su L’Unità

di Arturo Scotto

Le immagini dei festeggiamenti a Gaza per il cessate il fuoco e l’annuncio della tregua hanno commosso il mondo. Due anni di indicibili sofferenze, una intera generazione falcidiata, la distruzione di ogni sorta di infrastruttura. La vita scomparsa, la quotidianità perduta in un genocidio vissuto a reti unificate. La ferita resterà aperta per decenni, ma poter seppellire i propri morti e poter accedere agli aiuti umanitari oggi sembra una rivoluzione, nonostante l’Idf continui a controllare più del 50 per cento della Striscia. Tutto quello che mette fine a questa strage va sostenuto senza se e senza ma. L’accordo di Trump intanto rimuove l’altro ostacolo più grande: quello degli ostaggi vivi e morti che finalmente tornano a casa, dopo una lunga e brutale prigionia nelle mani di Hamas.

La domanda è: perché non si poteva fare prima?

Perché aspettare che si arrivasse al punto di non ritorno di una carestia indotta per fermare le ostilità? In questo quadro, il trionfalismo della destra italiana – ormai inesorabilmente identificatasi nel trumpismo – appare quanto meno cinico. Si sono messi alla finestra, senza muovere un dito e bastonando piazze belle e plurali che chiedevano la fine della carneficina. Ora dicono di aver vinto: ma che vittoria è dopo 65000 morti e giacimenti di odio tutti da bonificare? Netanyahu ha già fatto saltare varie mediazioni, l’ultima delle quali a marzo, quando poi ha deciso di chiudere definitivamente il valico di Rafah.

Da allora non è entrato un chicco di grano a Gaza che non fosse controllato dall’Idf e dalla Gaza Foundation che si è macchiata di crimini orrendi durante la distribuzione degli aiuti, mentre gli occidentali si lavavano la coscienza lanciando pacchi dall’alto sulla Striscia con esiti più o meno disastrosi per l’incolumità dei palestinesi. Non è vero che questo accordo è frutto di un atto volontaristico della Casa Bianca: registra la convergenza della stragrande parte del mondo musulmano che non regge più le proprie opinioni pubbliche interne indignate per il genocidio e di uno schieramento largo di paesi che pensano di potersi sedere al banchetto della ricostruzione. Ha contato tuttavia una spinta esterna molto forte, mobilitazioni che sono diventate globali e trasversali e persino un certo disappunto che ha cominciato a serpeggiare negli Usa.

Naturalmente l’accordo dovrà essere implementato perché dopo la fase di rilascio degli ostaggi e dei prigionieri emergerà con forza il vero nodo politico: lo stato di Palestina, lo smantellamento delle colonie, la presenza di una forza multinazionale che ristabilisca i confini del ‘67 così come da risoluzioni Onu. Di tutto questo non c’è nemmeno l’ombra al momento, tutto rimandato nel tempo in attesa che nasca l’ennesimo protettorato che da temporaneo può diventare definitivo. Perché ad oggi l’unica cosa chiara risulta l’assoluta assenza di un protagonismo dei palestinesi, spettatori di un futuro incerto costruito sulla propria testa. Ancora una volta ridotti a un popolo senza potere e senza patria. Senza potere di autodeterminarsi e senza una patria dove poter vivere in pace. E con il leader naturale, che avrebbe la forza e l’autorevolezza per rinnovare l’Anp e ricacciare in un angolo Hamas, Marwan Barghouti, lasciato in carcere senza prospettive di liberazione immediata.

Qui ci sarebbe lo spazio della politica, che anche in questo piano sembra assente forse perché assorbita dalla dimensione affaristica e messianica che permea le biografie dei protagonisti dell’accordo di Sharm el Sheikh. Ma quando la geopolitica si fa con la Bibbia, il Corano e la Torah, la pace rischia di essere solo una pausa tra una guerra e un’altra. Per questo la colpevolezza maggiore va attribuita all’evanescenza dell’Europa, che non ha giocato alcun ruolo assertivo in questa vicenda, che ha per l’ennesima volta abdicato a qualsiasi protagonismo, nonostante i tentativi giusti ma tardivi di Macron. Complici e vittime allo stesso tempo. In ogni caso, superflui.

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