di Marco Revelli
L’appuntamento è per le 10 al Quiot Rosa, 1200 metri d’altezza, comune di Rittana, Valle Stura. Pier Luigi Bersani è già lì, perfettamente attrezzato per la montagna, alla sinistra la doppia cima della Bisalta carica di neve come neanche a dicembre, a destra la vista del Monviso, in mezzo l’inizio della strada che porta a Paraloup, mezz’ora di salita e falsopiano con l’ultimo tratto ghiacciato per raggiungere la borgata in cui il 20 settembre del 1943 un gruppo di dodici antifascisti guidati da Duccio Galimberti e Dante Livio Bianco salì per dare inizio alla propria Resistenza. Attende il folto gruppo di ragazze e ragazzi venuti da Piacenza per la bella iniziativa I viaggi della memoria, promossa dagli Istituti storici della Resistenza di Piacenza e Reggio Emilia: un percorso formativo sui luoghi in cui è nata la nostra Costituzione.
In cima li aspetta un corposo comitato d’accoglienza: il sindaco e il vicesindaco di Rittana, Giacomo Doglio e Ermanno Goletto, lo staff della Cooperativa Germinale, che gestirà con noi della fondazione Nuto Revelli il ristorante e l’ospitalità in borgata, Gigi Garelli, direttore dell’Istituto storico di Cuneo. E fin dai primi minuti vien da dirsi che è proprio vero che la memoria si vivifica e potenzia se rievocata nei luoghi in cui si sono svolti gli eventi. Che i luoghi, tanto più oggi, nell’epoca della scomparsa dei testimoni diretti, parlano e aiutano s creare quell’empatia indispensabile perché la conoscenza s’impasti al vissuto.
Bersani parla. Dice che la Resistenza è stata plurale, un convergere di forze diverse, dai garibaldini come nel pinerolese ai GL in Valle Stura, ai cattolici e ai “badogliani”, divise su molto ma unite da uno scopo comune, la fine del Fascismo e la nascita di una Repubblica democratica. Dice anche che quelli che avevano fondato proprio qui, in questa borgata sperduta tra le montagne, la banda “Italia Libera”, non erano comunisti erano in qualche modo dei liberali, ma dei liberali che si battevano per la giustizia sociale (non per niente il loro motto era “Giustizia e Libertà”), infinitamente diversi da quelli che oggi abusano di quel termine. Parla, e gli occhi dei giovani dicono che neanche una di quelle parole va sprecata.
Poi, dalla politica e dalla storia si passa all’antropologia. Paraloup è una delle 44 frazioni del comune di Rittana (Cuneo) spopolatesi dal Dopoguerra in poi. Ancora al censimento del 1911 risultavano nell’intero comune circa 1400 abitanti, oggi se ne contano poco più di 100. L’industrializzazione selvaggia, il miracolo economico, sono passati come uno tsunami in queste vallate, trascinando verso le fabbriche della pianura i giovani sopravvissuti al massacro contadino delle due guerre mondiali, lasciandosi dietro un paesaggio di rovine: baite collassate, muri a secco crollati, campi abbandonati insieme agli anziani che li coltivavano. Spieghiamo ai ragazzi e alle ragazze che oltre alla Resistenza partigiana, qui ci sono le tracce di altre resistenze, montanare e contadine, di una durissima battaglia per strappare la vita a terre avare, verticali, dve bisognava portare la terra a spalle per terrazzare i pendii e mietere il fieno su prati scoscesi. Resistenze che hanno sedimentato una cultura. Ragioniamo con Bersani sull’importanza di riportare qui, in queste “aree interne” o “terre alte”, rivoli di vita, perché metà del nostro territorio nazionale non sia più considerato un vuoto a perdere. I messaggi che mio padre affidò a due suoi libri, Il mondo dei vinti e L’anello forte.
Poi entriamo tutti insieme nella baita che ospita il Museo interattivo. L’allestimento pensato per comunicare, a chi ha voglia di ascoltarla, la voce del territorio. Le storie di ieri che intendono aprire al futuro. E gli adolescenti di oggi possono dialogare, con il supporto della tecnologia digitale, con i ventenni di ieri (tale era l’età media di quei partigiani), ascoltarne le storie e i pensieri, scoprire che non erano guerrieri sempre con l’arma in pugno ma uomini e donne in carne e ossa, con le loro paure, i loro momenti di tristezza e persino di gioco (la storia della gara tra i pidocchi li entusiasma), la loro straordinaria capacità di ironia e di autoironia (le risorse umane che li rendevano csì abissalmente diversi dai loro nemici, fascisti e tedeschi).
Ci si saluta all’una, mentre il gruppo dei giovani consuma il pranzo al sacco, e Bersani ci regala una delle sue storiche sintesi: la sinistra di oggi dovrà essere “liberale”, ma nn come chi si pavoneggia indebitamente di questo titolo, ma come chi nel ’43 salì fin qui, mettendo in gioco la propria vita, per la Libertà nella Giustizia sociale.