di Compagno è il Mondo Venezia Metropolitana
Dopo il convegno di “Compagno il mondo Venezia metropolitana” di lunedì 2 dicembre 2024
Lo scenario: la sostenibilità della sanità pubblica
Da molto tempo la riorganizzazione del modello di cure territoriale e dell’integrazione socio sanitaria costituisce uno dei nodi da sciogliere più importanti del servizio sanitario nazionale.
Il cambiamento da un modello di cura per lo più ancora concentrato sul primato dell’ospedale a uno maggiormente diffuso nel territorio – e immediatamente vicino ai bisogni dei cittadini – con l’insediamento di più Case della Comunità, può e deve consentire di rispondere nel miglior modo ai principali problemi presenti.
Le liste di attesa che, soprattutto per le patologie più gravi, sono incompatibili con la tutela della salute prevista dall’Articolo 32 della nostra Costituzione, creano effetti visibili e noti, tra cui:
- la rinuncia alla cura per fasce crescenti della popolazione;
- il ricorso alla sanità privata solo per coloro che hanno disponibilità economiche;
- l’ampliamento delle attività private nel sistema sanitario, indotto anche dall’esteso sistema di marketing e pubblicità, che trasforma il ruolo delle aziende private da strutture complementari a strutture fondamentali, anche se per le sole, ma non poche, prestazioni con un più elevato margine economico.
Giorno dopo giorno stiamo ritornando indietro, al periodo in cui non vi era una sanità pubblica, quando si curavano solo coloro che avevano i mezzi economici per farlo.
L’invecchiamento della popolazione e, insieme, le cure per malattie altamente costose, si pensi per esempio alle sole terapie antitumorali, alla rete nazionale per i trapianti d’organo e tessuti, ai reparti di rianimazione, richiedono di destinare al comparto della sanità risorse economiche sempre maggiori. É una strada percorribile per il futuro o porterà ad un’irreversibile deriva il SSN?
Partiamo da un fatto: in Italia si consumano troppi farmaci (per l’uso di antibiotici, in campo umano e veterinario, siamo il paese in testa in Europa) e siamo anche primi per l’effetto collaterale “antibiotico resistenza” e “ICA”. Gli antibiotici possono ancora curare molto patologie, ma il loro abuso ne sta rapidamente riducendo l’efficacia e finirà per farli diventare acqua fresca.
L’eccessivo consumo è frutto di un comportamento e una pratica conseguente ai troppi interessi economici in gioco. Le aziende farmaceutiche utilizzano ogni mezzo, a partire dalla pressante pubblicità sui mass media, per vendere sempre di più. I cittadini sono inondati di informazioni fornite solo dai produttori. Le autorità pubbliche (Ministero della Salute, AIFA, Regioni, ma anche gli Ordini dei Medici) dovrebbero contrastare questo stato di cose, indicare le buone pratiche, fare prevenzione, ma diversi motivi – che andrebbero rimossi – lo impediscono.
Ridurre il consumo di farmaci, in particolare di antibiotici e FANS, richiede una estesa attività informativa e, soprattutto, azioni volte a concentrare l’attenzione sulla prevenzione e sulla modifica degli stili di vita dei cittadini. Non si può certo negare il fatto che molte malattie dipendono da noi!
Centrale, in questo senso, è l’attività di prevenzione, che è attualmente svolta dal “Dipartimento di Prevenzione”, che è una delle tre strutture della Azienda Sanitaria ed è deputata a promuovere la tutela della salute attraverso azioni miranti a conoscere, prevedere e prevenire le cause di malattia e a promuovere stili di vita sani e, a tal fine, collabora con le altre strutture e Dipartimenti dell’Azienda Ulss di appartenenza (Distretti e Unità Operative dei Presidi Ospedalieri) e con altre strutture ed Enti (Comuni, ARPAV, Organizzazioni e Associazioni pubbliche e private).
Determinante – soprattutto dopo la pandemia – è inoltre l’approccio “One health” definito dall’OMS che riconosce la connessione tra persone, animali e ambiente, e propone un approccio integrato per affrontare in maniera unitaria le minacce per la salute.
La Case della Comunità, strumento nuovo, decentrato sul territorio e maggiormente integrato con il contesto sociale, possono diventare lo strumento che, oltre a fornire assistenza e cura, avviino un nuovo corso con al centro continue e pressanti iniziative sulla prevenzione.
La riforma dell’assistenza territoriale e la realizzazione delle case della comunità
A livello normativo, dopo l’esperienza drammatica del COVID-19, è intervenuto il cosiddetto DM 77 del ministro Roberto Speranza che ha previsto come cardine del nuovo telaio dei servizi la Casa della Comunità. Al netto dell’insieme dei servizi che in esse devono trovare collocazione, l’originalità di questa struttura è la connessione, che al suo interno deve attuarsi, tra le diverse professionalità dell’ambito sanitario e socio sanitario: medici di medicina generale e dell’assistenza primaria, medici delle strutture AULSS, infermieri di famiglia e di comunità, assistenti sociali nella prospettiva di una presa in carico permanente della persona e dei suoi bisogni di salute.
Non è un caso, infatti, che il PNRR dedichi una misura proprio alla messa in opera e attivazione su tutto il territorio nazionale delle Case della Comunità, mettendo a disposizione importanti risorse (oggetto, è bene ricordare, di una riduzione nella prima rimodulazione del PNRR che fece l’attuale governo di centro destra).
Tanto più la realizzazione di queste strutture è determinante in territori come quello metropolitano di Venezia e della AULSS 3 Serenissima in particolare, per la specificità sia territoriale che della popolazione residente (è solo il caso di ricordare che il 26,3% della popolazione dell’AULSS ha più di 65 anni e che l’indice di vecchiaia nel 2023 è pari a 2,3 anziani per ogni persona al di sotto dei 14 anni di età). Analoga riflessione va fatta per l’AULSS 4 del Veneto Orientale, che conta 22 dei 44 Comuni metropolitani, contraddistinto da elevate soluzioni di continuità urbane e dispersione territoriale.
La piena e completa realizzazione del nuovo modello di servizi passa necessariamente attraverso il compimento degli investimenti effettuati e, soprattutto, dalla piena operatività delle case della comunità.
È necessario che le Case della Comunità hub previste dalla programmazione delle AULSS 3 e 4 prevedano la completa attivazione del modello e l’inserimento degli ambiti operativi e del personale previsto dalle linee di indirizzo per l’attuazione del modello organizzativo delle Case della Comunità hub predisposte da AGENAS nel novembre 2024 e condivise da tutte le organizzazioni professionali: assistenza primaria e continuità assistenziale, Punto Unico di Accesso, assistenza infermieristica, assistenza specialistica ambulatoriale, assistenza domiciliare, punto prelievi, servizi diagnostici, prenotazioni e collegamento al CUP aziendale, integrazione con i servizi sociali, partecipazione della comunità.
La nuova assistenza territoriale che ha nelle Case della Comunità il proprio nodo strategico esige una nuova relazione in particolare tra medici di medicina generale e medici alle dipendenze dirette delle strutture aziendali. Oggi è aperto un dibattito su questo tema, tanto che viene paventata l’adozione di un decreto per la pubblicizzazione del rapporto di lavoro dei primi. Si tratta di un passaggio molto delicato, che non può non fondarsi su alcuni presupposti: da un lato, è verisimile che l’attuale “doppio regime” tra medicina di base e servizio pubblico sia inadeguato alla trasformazione del modello dell’assistenza territoriale; dall’altro non si può pensare di “burocratizzare” ulteriormente la figura del medico di base, né di privare le comunità locali e in particolare le zone disagiate dei presidi ambulatoriali.
Né si può pensare di non agire sul fronte della formazione e del reclutamento di nuovo personale per tutte le figure professionali previste nelle case della comunità, complice il cospicuo pensionamento dei prossimi anni di quelle esistenti nonché la sempre più frequente fuga verso la sanità privata.
Sono necessarie sia una riflessione seria che delle azioni coerenti, senza pregiudizi, per assicurare la soluzione organizzativa in grado di tradurre in realtà l’operatività delle Case della Comunità che, giova ricordarlo, nella configurazione “hub” è aperta per l’intera settimana 24 ore su 24, mentre nella configurazione “spoke” è aperta per 12 ore al giorno dal lunedì al sabato.
Per quanto riguarda il territorio metropolitano, è essenziale mettere a fuoco e perseguire i seguenti obiettivi:
- Il Piano investimenti dell’AULSS 3 ha previsto la realizzazione di complessive 12 case della comunità, distribuite nei tre ambiti distrettuali del veneziano, di Mirano-Dolo, di Chioggia, per un importo complessivo di quasi 35 milioni di euro, di cui 16,65 milioni dal PNRR, mentre il Piano investimenti dell’AULSS 4 ha previsto la realizzazione di 6 case della comunità, con l’impegno di 16 milioni di euro. È pertanto indispensabile che sia assicurata la celere prosecuzione delle opere per potere, entro i termini previsti dallo stesso PNRR, realizzare tutte le strutture. In particolare, le stazioni appaltanti devono assicurare un costante monitoraggio dello stato di avanzamenti lavori e intervenire tempestivamente in caso di criticità nei confronti del soggetto assegnatario dell’intervento.
- Anche il più importante degli investimenti in ambito sanitario e socio sanitario è destinato ad essere vano se non è preceduto ed accompagnato da un investimento sul personale e sulle risorse umane. Ad oggi manca – o, per lo meno, non è stato reso noto – il fabbisogno in termini di operatori dell’area medica ed infermieristica per la piena copertura delle case della comunità ed è necessario che le strutture aziendali predispongano un piano straordinario di assunzione del personale, in quanto non si può pensare di lasciare sguarniti gli ospedali e i distretti. In questo senso, deve essere sostenuto il finanziamento del fondo sanitario nazionale per quanto riguarda le assunzioni di personale, a partire dall’abolizione concreta del tetto di spesa, che oggi gode solo di una parziale deroga.
- Coerentemente con quanto sopra evidenziato, Regione Veneto e governo centrale devono garantire il pieno finanziamento e l’incremento delle spese correnti per il personale dell’AULSS 3 e delle altre aziende venete. Questo è uno dei nodi politicamente centrali, perché ciò cui stiamo invece assistendo è il graduale definanziamento, confermato anche nell’ultima legge di bilancio, del SSN;
- Occorre fin da subito affrontare e gestire, anche con soluzioni inedite, la principale innovazione apportata dalle Case della Comunità, e precisamente la cooperazione tra medici di medicina generale, medici specialisti, infermieri della struttura AULSS e assistenti sociali. Questa è a tutti gli effetti la rivoluzione copernicana del nuovo modello di servizi che, se non realizzata, ne comporterà il fallimento. Occorre fin da subito che la Regione convochi e curi la costituzione di gruppi di lavoro misti, ove poter esaminare le criticità, sapendo che è pure necessario superare reciproche rigidità nella misura in cui ad essere in gioco è la salute delle persone;
- Va previsto l’immediato coinvolgimento delle Conferenze dei sindaci e di quelle di distretto, il cui ruolo è stato finora di natura solamente notarile, in tutte le fasi di realizzazione delle opere, ma soprattutto di definizione del nuovo modello di servizi e dell’integrazione tra medici di medicina generale e operatori delle ULSS.
Infine, una riflessione dovremo aprire anche in termini di costruzione di una proposta politica, in merito alla mutazione demografica della nostra area metropolitana, tra le più anziane della Regione. Infatti, non si riflette abbastanza sul fatto che la trasformazione demografica dei territori porterà con sé anche una graduale trasformazione delle strutture economica e sociale: infatti, persone di età avanzata mutano gradualmente ma inesorabilmente i loro consumi; li diminuiscono, e soprattutto li riorientano. Questo che è un mutamento sul lato della domanda genera, secondo una legge economica molto semplice, un mutamento dell’offerta e, di conseguenza, ne risultano variati i fondamentali produttivi e dei servizi. E’ verisimile che i nostri territori conoscano, prima di altri, questo cambiamento, e pertanto lungimirante sarebbe porre in campo una proposta politica all’altezza.
Quanto sopra detto non potrà del resto essere realizzato se continuerà il preoccupante definanziamento del Servizio Sanitario Nazionale, che vede l’Italia tra gli ultimi paesi dell’Europa occidentale in termini di rapporto spesa sanitaria/PIL. Si tratta di una scelta politica gravissima, denunciata più volte dalle organizzazioni sindacali e di categoria. Proprio l’esperienza della pandemia da COVID-19, prontamente rimossa da tutte le destre, ci ha riconsegnato l’importanza della sanità pubblica e, in particolare, del sistema di cure territoriali.
Venezia, marzo 2025