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Bersani: questa destra senza idee crea l’habitat per la corruzione

Francesca Schianchi - La Stampa
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Mario Rossi - La Repubblica

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Intervista a La Stampa

di Francesca Schianchi

«Per l’opposizione, si apre un anno di combattimento». Dalla sua casa di Piacenza, Pierluigi Bersani guarda al 2024 delle elezioni amministrative e delle Europee: «Vedo il consenso della destra un po’ ammaccato: non significa ancora spostamento di voti, ma colgo qualche segnale di vitalità dalle nostre parti». E giudica – male – l’anno che si sta chiudendo: «Le fasce deboli e il ceto medio percepiscono un peggioramento».

Bilancio negativo? 

«Giorgia Meloni è più a suo agio come agit prop che come governante, più adatta a smontare con piglio ideologico quel che c’era che a costruire con qualche idea nuova. Più rivolta a stringersi in cerchi stretti fiduciari e familistici che ad allargare lo sguardo: questo è stato l’anno del governo Meloni».

La manovra appena approvata com’è? 

«Ne ho viste tante di Finanziarie, ma mai così deboli e precarie, con tutte le scadenze di qui a un anno e non uno straccio di idea».

Il capogruppo di Fratelli d’Italia Foti è intervenuto in Aula citando Marinetti e l’inno del Fronte della gioventù…

«Ecco, forse le idee le aspettano da Marinetti…».

L’anno si chiude con un’inchiesta che vede indagato Denis Verdini e ai domiciliari il figlio. Che impressione le fa? 

«L’ordinanza è impressionante. Ma allarghiamo lo sguardo: questa destra vuole abolire l’abuso d’ufficio, il traffico di influenze, il limite al contante, la pubblicazione delle ordinanze, limitare le intercettazioni, ha attaccato l’Anac, ha generalizzato le assegnazioni di lavori senza gara, consentito subappalti a cascata e fatto una quindicina di condoni o scorciatoie fiscali. Si sta creando l’habitat ideale per la corruzione, poi se la prendono coi rave party! E ci si stupisce se lo spirito civico si indebolisce ancora di più?».

Il ministro Salvini dovrebbe riferire in Aula, come hanno chiesto dall’opposizione? 

«In un Paese normale si sarebbe già precipitato a spiegare».

Sì al nuovo Patto di stabilità e no alla ratifica del Mes: scelte giuste? 

«Se non è questa un’operazione in perdita non so quale sia. Si sono prodotti in equilibrismi scomposti che ci stanno mettendo in una irrilevanza pericolosa».

Non le piace questo Patto di stabilità? 

«È una soluzione pasticciata, un’insalata di criteri diversi: c’è una progressiva flessibilità a 4 e 7 anni insieme a numeri rigidi anno per anno. Il tutto insieme a criteri incerti tipo sulla sostenibilità del debito: non basteranno gli economisti, serviranno dei rabdomanti».

Il ministro dell’Economia Giorgetti dice che valuteremo tra qualche tempo se si è trattato di un compromesso al rialzo o al ribasso. 

«Giorgetti mi ha fatto venire in mente una reminiscenza di scuola, la Medea di Ovidio: “Video meliora proboque, deteriora sequor”, vedo il meglio e mi piace, ma faccio il peggio. È un enigma questo ministro… Questo governo si comporta sempre allo stesso modo: non rompe mai una noce se non in testa ai poveracci».

Tradotto? 

«Spinge sempre più in là l’amaro calice, cercando di alleggerire gli impegni di questa legislatura, poi chi vivrà vedrà».

Del no alla ratifica del Mes cosa pensa? 

«È una situazione kafkiana: da circa 12 anni tutti i governi, di destra e di sinistra, pur con dei distinguo, hanno aperto la strada al Mes e poi alla sua riforma. Ora improvvisamente gli si chiude la porta in faccia. Ma c’è un tema fondamentale su cui dovremo fare anche noi una chiacchiera coi Cinque stelle».

Che pure hanno votato contro la ratifica… 

«Il tema è: come si sta in Europa? L’Italia può e deve far valere le proprie ragioni, ma non può pretendere di avere ragione da sola».

Com’è stato l’anno dell’opposizione? Ha tentato la battaglia del salario minimo ma è andata male… 

«Male non so, sono comunque stati fatti dei passi nella direzione giusta: la nostra responsabilità è creare l’alternativa e Schlein ha dato il suo contributo. In tante occasioni in Parlamento si crea uno schieramento che vota in modo omogeneo, penso però che bisognerebbe accelerare».

Non tante occasioni, a dire il vero: la spaccatura sul Mes ne è stato un esempio. 

«Con qualche inciampo, ma il lavoro di avvicinamento si è fatto. Poi ci vuole un atto politico: dichiarando che si vuole costruire uno schieramento. Da lì cominci a lavorare per rendere compatibili le differenze. Questo ancora non lo si è fatto».

Il leader M5S Conte secondo lei vuole farlo? 

«Penso ne veda la necessità ma sia ancora preso da una fase di competizione e di raccolta di forze».

Le Europee col sistema proporzionale rischiano di non agevolare la creazione dell’alternativa di cui parla. 

«Ci possono essere mesi di fibrillazioni tattiche, ma continuo a ricordare che anche la destra vota col proporzionale, eppure gli elettori sanno che è una coalizione. Giusto segnalare la propria identità, ma contro la destra».

Farebbe bene Schlein a candidarsi ovunque, come si dice potrebbe fare? 

«Valuterà il gruppo dirigente e deciderà per il meglio. Tatticamente bisogna ricordare che in collegi così grandi ci vuole visibilità, ma nel Pd sono in tanti ad averla, e bisogna misurarsi anche con quello che faranno gli avversari».

Se Meloni si candidasse farebbe bene a farlo anche Schlein? 

«Non sarebbe obbligatorio. Sarebbe da valutare. L’importante è mettere testa all’approccio con cui andare alle Europee».

Cosa intende? 

«Ci vuole un approccio europeista critico. Non abbiamo mai messo in comune i pilastri che ci invidiano nel mondo: l’universalismo del welfare, la fiscalità progressiva e i diritti del lavoro. Per questo il radicamento europeista nell’opinione pubblica è debole».

Lei potrebbe candidarsi? 

«No, io ho già dato».

Alle Regionali sarebbe giusto introdurre la possibilità di un terzo mandato? 

«Sono mesi che ripeto: attenzione agli specchietti per le allodole. Fratelli d’Italia non ci pensa nemmeno a cambiare la legge, ci stanno solo facendo perdere tempo con questo dibattito. Col rischio di arrivarci sotto e avere ancora tutto da fare».

Per cominciare la campagna elettorale Elly Schlein farà un giro dei distretti industriali, come lei e Enrico Letta vent’anni fa… 

«Allora eravamo in due partiti diversi (Ds e Margherita, ndr.) ma non così diversi, volevamo far capire. E infatti fu il primo passo dell’Ulivo. Fa bene Elly a fare questo giro, chiarendo subito un punto: occuparsi dei ceti medi non vuol dire diventare Forza Italia».

A dire il vero, a Schlein viene più spesso rimproverato il massimalismo della moderazione… 

«Il punto non è spostarsi da una parte o dall’altra ma proporre delle politiche. Avere un’idea di politica industriale, di cui la destra non ha la più pallida idea. Fermare la fuga dei medici. Promettere un flusso regolare di immigrati ben governato. Far funzionare decentemente il servizio giustizia smettendola di parlare di politici e magistrati. Smetterla di separare gli autonomi dal resto del mondo».

E lanciare così un amo all’elettorato moderato? 

«L’amo all’elettorato moderato si lancia appunto prospettandogli un Paese civile. C’è un mondo industriale e produttivo moderno e liberale che vuole qualcuno che non frantumi la società e garantisca equità sociale. Mica possiamo rivolgerci agli evasori».

Scusi Bersani, un’ultima curiosità: le è arrivata la querela annunciata dal generale Vannacci? 

«No, e pensare che io sono qui che attendo sulla porta…».

Lavoro e democrazia. Per una legge sulla rappresentanza.

Il 25 novembre si è tenuta a Roma la prima iniziativa di Compagno è il Mondo. Sono intervenuti tra gli altri: Pier Luigi Bersani, Maria Cecilia Guerra, Elly Schlein, Arturo Scotto, Michael Braun, Cristian Ferrari, Michele Raitano, Alessandra Raffi.
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