È a suo modo una sentenza storica. La Corte di giustizia dell’Aja ha stabilito che c’è una linea rossa che nessuno può oltrepassare. Ha respinto la richiesta di archiviazione voluta dal governo di Israele e ha deciso che il processo andrà avanti. Ha chiesto il rilascio immediato degli ostaggi. Ha lanciato un alert: il rischio di genocidio a Gaza è reale, bisogna che il governo israeliano adotti tutte le iniziative possibili per evitarlo. Tant’è che viene persino chiesto a Israele di punire chi lo incita, di favorire gli aiuti umanitari e di evitare di distruggere le prove oltre che di valutare attentamente le azioni che metterà in campo nelle prossime settimane.
Non c’è l’ordine del cessate il fuoco – ma onestamente era difficile che questo spettasse alla magistratura – ma c’è un giudizio rispetto alla sproporzione dell’intervento di Israele a Gaza. Inequivocabile. E c’è un messaggio chiaro: preservate le prove degli attacchi per il prossimo mese, quando la Corte dovrà pronunciarsi.
Si tratta di un primo passo, di misure cautelari molto stringenti: la CIG si assume una responsabilità enorme laddove la politica ha annaspato. Da tre mesi si muovono le diplomazie, ma Netanyahu continua con attacchi indiscriminati sui civili, compresi quelli di ieri sui convogli umanitari.
Ha un bel dire il ministro Gallant, citato nelle carte della Corte per aver definito “animali umani” gli abitanti di Gaza, che nessun processo potrà dare lezioni morali a Israele. Dovrà confrontarsi con la forza del diritto internazionale come principio di coesistenza non negoziabile tra popoli e nazioni.
Questo primo round dice alla politica che è tempo di muoversi prima che sia troppo tardi e di accelerare il negoziato e una soluzione possibile in Medio Oriente che resta, come ha ricordato oggi anche il presidente Mattarella, quella di uno stato per i palestinesi che conviva in pace e sicurezza con Israele. Che non esiste nessuna zona franca e nessun doppio standard possibile.
L’iniziativa del Sudafrica fa storia per queste ragioni. L’Italia sostenga l’autonomia della Corte se crede nel potere delle organizzazioni multilaterali.