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Diario dal confine di guerra: lettera a Meloni, presidente venga qui 4/

Arturo Scotto
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Mario Rossi - La Repubblica

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Diario del viaggio di Arturo Scotto in Egitto e a Rafah con una delegazione di parlamentari, giornalisti e rappresentanti delle principali Ong italiane che operano a Gaza. 4/

Il Cairo

La Lega Araba è nel cuore del Cairo, a due passi da Piazza Tahrir, una luogo importante della città oltre che l’epicentro delle famose primavere che deposero Mubarak. Incontriamo i consiglieri del segretario generale Amr Moussa che in contemporanea ha un incontro con i ministri degli esteri della Lega e dunque non può riceverci. Anche lì all’ordine del giorno c’è Gaza e la sua emergenza umanitaria. L’incontro dura oltre un’ora e mezza e non è proprio una passeggiata.

La cortesia è ovviamente come sempre enorme, ma avvertiamo come palpabile la marginalità del nostro paese rispetto al conflitto. Ivi compresi riferimenti espliciti al voto alle Nazioni Unite, dove l’Italia si è sempre astenuta sul cessate il fuoco differenziandosi ad esempio dalla Francia e dalla Spagna, e al progetto dell’Eni dell’estrazione del gas a largo di Gaza. La richiesta è il cessate il fuoco, ma soprattutto un ruolo più assertivo dell’Ue per chiudere questa crisi e darle uno sbocco duraturo. Sono preoccupati del rischio di estensione del conflitto, di una crescita dei fondamentalismi che possano usare la causa palestinese per i loro obiettivi politici, dei doppi e tripli standard che l’Occidente usa a seconda dei conflitti che lo coinvolgono.

La presa di distanza da Hamas è totale, ma nulla giustifica la punizione collettiva che sta avvenendo a Gaza. “I palestinesi devono avere l’ultima parola” dicono parlando del dopoguerra. Come dimostrano tutti i tentativi più recenti, non esiste e non regge una soluzione imposta sulla loro testa: il messaggio è chiaro agli USA, all’Ue ma anche a un pezzo del mondo arabo.

L’Egitto da questo punto di vista resta un osservatorio privilegiato: nemmeno il regime di Al Sisi è riuscito a frenare l’ondata di simpatia popolare verso le vittime del conflitto. In un paese dove la militarizzazione e il controllo sociale sono fortissimi, sono spuntate ovunque bandiere palestinesi. Gli stadi sono il teatro principale di queste manifestazioni di solidarietà. Tant’è che le relazioni con Israele ormai sono limitate solo alla gestione del valico di Rafah. La posizione di questo paese che è stato il primo a riconoscere Israele e firmare un accordo di pace si è irrigidita molto. Temono i profughi che potrebbero venire dalla Striscia, difficilmente gestibili e infiltrabili, anche perché Hamas appartiene alla Fratellanza musulmana, verso i cui capi la magistratura l’altro ieri ha emesso 8 condanne a morte, e potrebbe diventare un fattore di destabilizzazione. Per questo Al Sisi spinge per una soluzione politica, altrimenti il problema se lo troverà in casa e con l’inflazione al 40 per cento e un paese profondamente segnato da diseguaglianze inimmaginabili tutto può accadere.

Torniamo verso l’ospedale italiano al Cairo, Umberto I, accompagnati dall’ambasciata italiana. Siamo accolti da suor Pina, che ci accompagna a un briefing con il capo della Mezzaluna rossa palestinese, Saeed Abu Ali, che ci conferma il quadro che abbiamo visto con i nostri occhi a Rafah. Qui curano i bambini palestinesi e ci fanno visitare tre famiglie arrivate da poco da Gaza. I bambini, uno dei quali ha subito un’amputazione a un arto, hanno gli occhi pieni di terrore, le mamme di paura. La paura di non poter più rientrare in Palestina dove hanno lasciato un pezzo della loro famiglia, sotto le bombe. L’Italia si è impegnata in questi mesi a curare oltre cento bambini negli ospedali migliori del paese e questa del Cairo è la prima tappa necessaria.

I nostri diplomatici lavorano quotidianamente a garantire l’esfiltrazione di famiglie con bambini feriti gravi, talvolta dovendo negoziare per giorni con gli israeliani. Qui emerge il meglio della tradizione solidale del nostro paese: in quest’ospedale che ha quasi cento anni e che è un riferimento assoluto in questa città dove le strutture ospedaliere sono precarie e fatiscenti.

Il nostro viaggio termina qui, dopo quattro giorni fatti tutti di corsa e con in testa una mole immensa di numeri che nascondono però volti, biografie, drammi inimmaginabili. Abbiamo deciso di scrivere, prima di lasciare Il Cairo, una lettera alla presidente del Consiglio Giorgia Meloni. Una lettera firmata dai parlamentari delle tre forze politiche che si sono recate a Rafah (Pd, Avs, M5S) ma anche da tutte le ong che hanno organizzato la visita e gli accademici che erano presenti. Si chiede di dare seguito al voto del Parlamento sul cessate il fuoco e la liberazione degli ostaggi, sulla ripresa dei negoziati per la nascita di uno Stato palestinese, per un ruolo più attivo dell’Italia negli aiuti umanitari.

Chiediamo a Giorgia Meloni di venire qui e rendersi conto di persona.

La situazione è oltre ogni immaginazione. Si moltiplicano in queste ore gli appelli per sbloccare quei tir alla frontiera e far arrivare il necessario per la sopravvivenza. Parlano Gran Bretagna, USA, tanti paesi dell’Ue. L’Italia sembra ferma, periferica, disarmata. Fuori dal gioco della politica, nonostante goda ancora di grande considerazione e rispetto in questa parte del mondo. Innanzitutto per la capacità dei propri diplomatici.

Nonostante i giornali della destra che giocano con le caricature sulle gite dei deputati nelle zone di guerra per costruire il campo largo con Hamas (testuali parole di Libero). Non esiste nessun paese d’Europa dove delegazioni di parlamentari di opposizione che si sono recate a Rafah – e questa è stata la più eterogenea e la più grande – siano state descritte così dai media vicini ai governi. Tutto questo mentre servirebbe saggezza, equilibrio e un po’ di senso di umanità. Verso di loro provo solo pena.

Lavoro e democrazia. Per una legge sulla rappresentanza.

Il 25 novembre si è tenuta a Roma la prima iniziativa di Compagno è il Mondo. Sono intervenuti tra gli altri: Pier Luigi Bersani, Maria Cecilia Guerra, Elly Schlein, Arturo Scotto, Michael Braun, Cristian Ferrari, Michele Raitano, Alessandra Raffi.
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L’associazione Compagno è il Mondo aderisce con convinzione alla mobilitazione straordinaria promossa dalla Rete Italiana Pace e Disarmo per il 26 ottobre prossimo. Serve un protagonismo nuovo della società civile e delle organizzazioni politiche e sociali per mettere fine a questo lungo ciclo di guerre in Ucraina e in Medio Oriente e ridare una chance alla diplomazia. L’Italia non sta svolgendo alcuna funzione sui fronti di guerra, a partire dalla vergognosa astensione in sede ONU sul riconoscimento dello stato di Palestina. Chiediamo il cessate il fuoco a Gaza e in Libano, l’embargo delle armi ad Israele, l’ingresso degli aiuti umanitari, il rilascio degli ostaggi detenuti nelle mani di Hamas. Oggi è il tempo della pace e della fine dei massacri.

Lo ha dichiarato il presidente di Compagno è il mondo Arturo Scotto.

L’associazione Compagno è il Mondo aderisce con convinzione alla mobilitazione straordinaria promossa dalla Rete Italiana Pace e Disarmo per il 26 ottobre prossimo. Serve un protagonismo nuovo della società civile e delle organizzazioni politiche e sociali per mettere fine a questo lungo ciclo di guerre in Ucraina e in Medio Oriente e ridare una chance alla diplomazia. L’Italia non sta svolgendo alcuna funzione sui fronti di guerra, a partire dalla vergognosa astensione in sede ONU sul riconoscimento dello stato di Palestina. Chiediamo il cessate il fuoco a Gaza e in Libano, l’embargo delle armi ad Israele, l’ingresso degli aiuti umanitari, il rilascio degli ostaggi detenuti nelle mani di Hamas. Oggi è il tempo della pace e della fine dei massacri.

Lo ha dichiarato il presidente di Compagno è il mondo Arturo Scotto.
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1 month ago

2 CommentiComment on Facebook

Pare quasi quasi, ma quasi èh, che labbiate preso nculo ... Okukkukamala, okukkukamala, okukkuka 🎶

Eravate al governo con draghi e avete votato l'impossibile, compreso soldi e armi all'ucraina Ora siete contro la guerra Ma quando fate pace con il vostro cervello?

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