Fornaro: democrazie in decrescita infelice, i quattro tarli alla base

Federico Fornaro - La Stampa
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Mario Rossi - La Repubblica

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Pubblicato su La Stampa

di Federico Fornaro

Pubblichiamo in anteprima per gentile concessione dell’editore Bollati Boringhieri uno stralcio del nuovo libro di Federico Fornaro Una democrazia senza popolo, in libreria il prossimo 18 aprile. 

Nel 2023, nel nostro paese il 58% delle persone si dichiarava d’accordo sul fatto che l’Italia avesse bisogno di essere guidata da un leader forte, mentre solo il 37% delle persone pensava che i leader forti rappresentassero «un pericolo per la democrazia». Secondo l’indagine Censis 2024, per il 68,5% degli italiani «le democrazie occidentali non funzionano più».

Con differenti gradi di intensità, i sistemi democratici delle principali nazioni appaiono oggi in affanno, sotto attacco di partiti, movimenti e correnti di pensiero genericamente etichettabili come «populiste», che mostrano differenti caratteri antisistema.

La storia insegna che le democrazie soffrono di cicliche crisi di consenso, anche se di recente si sono moltiplicati i saggi e le monografie che mettono in discussione la sua stessa sopravvivenza, e affermano che essa sia oggi «sfigurata, latitante, collassata, dissolta». C’è chi arriva a dire che «nulla è per sempre» e che sia perciò «inevitabile che la democrazia venga relegata nelle pagine dei libri di storia».

Da una ventina d’anni, ormai, stiamo vivendo una fase di «decrescita infelice» della qualità delle democrazie, se non di autentica «regressione democratica».

La sofferenza che stiamo vivendo anche nel nostro paese non è dunque la prima e temo non sarà neppure l’ultima, anche se per descrivere l’attuale stato di salute sarebbe preferibile usare la definizione di «fragilità», o meglio ancora, per citare le parole del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, di «democrazia affievolita».

Sono infatti da tempo manifesti i segnali di un generale deficit di legittimità delle istituzioni democratiche e di una loro scarsa efficacia nell’interpretare e affrontare alcune delle grandi criticità della nostra contemporaneità, a cominciare dal vertiginoso aumento delle disuguaglianze economiche, sociali, territoriali e di genere, particolarmente significativo nel caso italiano, unito a un generale impoverimento della stragrande maggioranza della popolazione.

Non bisogna dimenticare che l’uguaglianza, intesa come «giustizia e riconoscimento tra pari», rimane uno degli ingredienti insostituibili di una democrazia moderna, in alleanza con la libertà.

A rendere fragile lo storico edificio della democrazia liberale, fino ad affievolirne significativamente la resilienza, contribuiscono da tempo alcuno fattori disgreganti, somiglianti al lavoro lento e silenzioso del «tarlo del legno». L’Anobium punctatum – questo il nome scientifico – è un insetto che si nutre della polpa del legno e scava gallerie nei mobili. Lavora senza far rumore e l’unico segno tangibile della sua presenza è rappresentato da piccoli fori e dalla presenza di una polvere fine. Nel breve periodo non succede assolutamente nulla, ma se non si interviene tempestivamente per eliminare l’infestazione il rischio è quello di un progressivo danneggiamento di componenti strutturali del mobile che possono portare, a lungo andare, a un cedimento complessivo.

La democrazia italiana è da tempo infestata da almeno quattro tarli (diseguaglianze, perdita di memoria storica, avvelenamento dei pozzi della conoscenza, rancorosa paura del futuro), che sono assai pericolosi perché accrescono il livello di fragilità strutturale della società e contribuiscono alla costante e preoccupante crescita dei tassi di astensionismo.

Tra gli effetti prodotti dall’attività di questi tarli nelle società contemporanee vi è, ad esempio, un rilevante calo della fiducia dei cittadini nei confronti del funzionamento delle istituzioni della democrazia rappresentativa.

La sfiducia degli italiani ha raggiunto un preoccupante livello di guardia.

Secondo i sondaggi dell’Eurobarometro, l’Italia è posizionata peggio della media europea, dal momento che la fiducia degli italiani ne confronti del Parlamento nazionale è passata dal 39,0% del 2007 al 30,0% del 2022; un giudizio significativamente inferiore a quello espresso dagli altri cittadini europei che in media mostrano un gradimento del 43,0% (2007) e del 34,0% (2022). Da noi, è in calo anche la fiducia verso il Parlamento europeo: 60% nel 2007 e 52% nel 2022.

A fronte di una media europea, nel 2022, di «soddisfazione per la democrazia nel proprio paese» del 56%, l’Italia si fermava al 52%.

A onor del vero, la percezione di chi abitualmente frequenta contesti comunitari (bar, circoli ricreativi eccetera) è ben più negativa ed è riassumibile nell’affermazione diffusa e radicata – «sono tutti uguali» – quasi sempre accompagnata da giudizi sulla moralità e sulla competenza dei rappresentanti istituzionali tanto severi quanto, spesso, volgari.

Nel 2024 per l’84,4% degli italiani «oramai i politici pensano più a se stessi che ai cittadini». La democrazia rappresentativa italiana appare dunque, agli occhi di vasti settori della società, un vecchio arnese del passato, priva di utilità concrete nella risposta a una crescente domanda di protezione rispetto a un mondo che cambia a velocità vorticose,  con un mercato sempre più ingiusto e iniquo che abbandona a se stesso chi resta indietro e uno Stato che fatica sempre più a garantire servizi fondamentali per la vita delle persone, come sanità e istruzione.

il «disincanto democratico» e una generale disillusione sono sotto gli occhi di tutti e se questo fenomeno non sarà contrastato adeguatamente la disaffezione aumenterà, minando alla radice la credibilità e la stessa legittimità del sistema politico.

A delineare questa preoccupante fotografia della realtà hanno contribuito, e non poco, proprio i quattro tarli che hanno pesantemente incrinato il necessario rapporto di fiducia tra cittadini e Stato e stanno mettendo seriamente in discussione la stabilità e la resilienza dell’intero edificio della nostra democrazia rappresentativa.

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