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Guerra: il governo favorisce i redditi alti, all’orizzonte una manovra bis

Luca Monticelli - La Stampa
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Mario Rossi - La Repubblica

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Intervista a La Stampa

di Luca Monticelli

Il passaggio dalle quattro alle tre aliquote Irpef «non rende il sistema più semplice né più equo», sostiene la deputata del Pd Maria Cecilia Guerra subito dopo il via libera del Consiglio dei ministri ai decreti legislativi della delega.

Perché?

«L’accorpamento delle aliquote non è una semplificazione e favorisce i redditi alti. Proprio per questo il governo ha dovuto mettere delle pezze, inventarsi un parziale blocco di alcune tipologie di detrazioni e intervenire sulla modulazione del trattamento integrativo, creando ulteriore complessità in un sistema fiscale che già non è comprensibile. La cosa altrettanto grave è che l’esecutivo finanzia la riforma solo per un anno senza dire – perché evidentemente non lo sa – come garantirà questo finanziamento negli anni a venire. È un’assurdità mai vista per una riforma».

Come giudica il nuovo intervento sul Superbonus?

«Dà un contentino a Forza Italia che potrà dire di aver avuto la sua soddisfazione dopo la sberla presa con il Mes, però, da quel che emerge, non risolve i problemi. Ci sarà probabilmente un acuirsi dei contenziosi per i lavori che restano da completare nel 2024 e che non saranno più coperti con lo sconto del 110%, ma con il 70%. Inoltre non si capisce come verranno risarcite le persone più povere, quelle che hanno un nuovo Isee non definito inferiore ai 15 mila euro».

Giorgetti però l’aveva annunciato che i soldi per il Superbonus sono finiti, è venuto alla Camera durante l’esame della manovra per ricordare alle forze politiche che il vero problema dell’Italia è il debito.

«Ha parlato alla sua maggioranza. È lui che ha dovuto fare uno scostamento per finanziare il taglio del cuneo nella manovra e la riforma del fisco. Non ha avuto il coraggio di dire che il sistema fiscale andava riequilibrato facendo pagare chi adesso le tasse non le paga».

Veniamo al patto di stabilità che probabilmente condizionerà le prossime leggi di bilancio. L’intesa raggiunta a Bruxelles è meglio del vecchio meccanismo?

«Sicuramente è meglio questo del vecchio patto, ma sono stati Giorgetti e Meloni a minacciare di mettere il veto. Però è evidente che la riforma è peggiorativa rispetto allo schema iniziale della Commissione europea. L’Italia non è stata in grado di costruire le alleanze necessarie per portare avanti le proprie ragioni».

Almeno i parametri concordati mettono al sicuro l’Italia dal dover varare una manovra correttiva nel 2024 prima dell’estate.

«Non è detto, dobbiamo ancora passare il vaglio della Commissione, ci sono elementi di forte incertezza, fra cui le stime ottimistiche sull’andamento del Pil. Per finanziare il taglio del cuneo e la riforma dell’Irpef servono 15 miliardi ogni anno. A queste risorse bisogna aggiungere l’aggiustamento di 12-13 miliardi per rientrare nei nuovi parametri previsti del patto. Insomma, la prossima legge di bilancio parte con 27 miliardi in meno».

Lavoro e democrazia. Per una legge sulla rappresentanza.

Il 25 novembre si è tenuta a Roma la prima iniziativa di Compagno è il Mondo. Sono intervenuti tra gli altri: Pier Luigi Bersani, Maria Cecilia Guerra, Elly Schlein, Arturo Scotto, Michael Braun, Cristian Ferrari, Michele Raitano, Alessandra Raffi.
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