Scotto: le armi non portano alla pace, Schlein vera europeista

Giacomo Puletti - Il Dubbio
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Mario Rossi - La Repubblica

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Intervista a Il Dubbio

di Giacomo Puletti

Arturo Scotto, capogruppo Pd in commissione Lavoro alla camera, spiega che «è incredibile che si possa soltanto pensare di utilizzare i fondi di coesione per acquistare nuove armi» e che «quando il mondo si riarma a vincere sono sempre le pulsioni militari, e una società militarizzata è naturalmente più disponibile a rinunciare alla libertà».

Onorevole Scotto, la presidente della Commissione europea Von der Leyen ieri ha illustrato il suo piano ReArm Europe al Consiglio europeo: qual è la posizione del Pd?

Elly Schlein ha espresso una posizione molto chiara: abbiamo sempre detto no al riarmo paese per paese. Ma il meccanismo che è stato introdotto e i numeri che lo accompagnano indicano esattamente questa strada. Cioè si potranno acquistare nuovi armamenti derogando al Patto di stabilità. Ovviamente questo vale per i paesi con grandi capacità fiscali, per i paesi indebitati il problema è maggiore. Il secondo problema è che questa strategia mette in discussione un meccanismo di Difesa comune, cioè l’obiettivo a cui dovrebbe aspirare l’Ue e che invece viene accantonato. Il terzo tema è che è incredibile che si possa soltanto pensare di utilizzare i fondi di coesione per acquistare nuove armi. Sarebbe la fine del modello di welfare europeo che è stato lo strumento attraverso cui abbiamo garantito pace e stabilità per ottant’anni. Una società dove le disuguaglianze crescono è molto più esposta a derive autoritarie.

Von der Leyen, e anche una parte del Pd, risponde che la pace e la stabilità garantite per ottant’anni sono oggi messe a repentaglio dalla Russia di Putin…

L’unica manifestazione in vita della presidente Von der Leyen è stata utilizzare la parola riarmo. In questi tre anni invece non ha mai utilizzato la parola diplomazia o la parola politica. Tanto è che per tre anni ci siamo limitati esclusivamente a produrre munizioni per l’Ucraina senza mai provare ad agire per una prospettiva di pace. Poi arriva Trump, si appropria della parola pace, lui e i suoi sodali criptofascisti, e l’Europa si trova costretta a inseguire per trovare uno sgabello nell’accordo che verrà chiuso con Putin. Siamo di fronte a una responsabilità morale, che è stata quella di non esercitare, accanto alla legittima difesa dell’Ucraina, alcuna azione diplomatica. E ora il rischio è che la pace in Europa la costruiscano i non europei. Per questo serve una nuova Helsinki, cioè una nuova prospettiva di sicurezza tra est e ovest. Qualsiasi altro accordo non garantirà stabilità all’Europa.

Non pensa che quella di Trump sia una resa più che una pace?

Penso che abbiamo regalato la parola pace ai nemici della pace. Trump è nemico della pace quando mette in discussione tutti gli organismi del multilateralismo come l’Onu, la Cpi, l’Oms. Siamo di fronte a chi vuole mettere in discussione quell’architettura che garantiva una coesistenza pacifica. La quale è stata incrinata da molti anni e oggi rischia di essere scassata da un ordine mondiale costruito esclusivamente sulla forza. La sfida che dovrebbe portare avanti l’Ue è quella di un disarmo bilanciato e di un superamento della forza nucleare. perché quando il mondo si riarma a vincere sono sempre le pulsioni militari, e una società militarizzata è naturalmente più disponibile a rinunciare alla libertà.

I leader del socialismo europeo, da Scholz a Sanchez fino a Starmer, sostengono il piano di Von der Leyen: come si concilia la posizione di Schlein con la loro?

La posizione di Schlein è europeista fino in fondo. È la posizione di chi scommette in un continente che finalmente si dà una dimensione politica. Che rilancia la sfida degli Eurobond e che rimette al centro politiche industriali, fiscali e sociali comuni e dunque anche una leva di politica estera e di sicurezza comune. È una posizione che punta a rafforzare il continente e non a indebolirlo, come fa invece la corsa al riarmo paese per paese. Meno di una settimana fa Schlein in direzione ha espresso una posizione votata all’unanimità, coerente con l’impostazione appena spiegata. È una linea realista, perché immaginare che alla crisi si risponda riconvertendo l’economia europea in un’economia di guerra è la cosa più sbagliata che si può fare. Per non parlare del paradosso di prendere un provvedimento per “salvare la democrazia” bypassando la democrazia stessa, cioè senza voto del Parlamento europeo.

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Il 25 novembre si è tenuta a Roma la prima iniziativa di Compagno è il Mondo. Sono intervenuti tra gli altri: Pier Luigi Bersani, Maria Cecilia Guerra, Elly Schlein, Arturo Scotto, Michael Braun, Cristian Ferrari, Michele Raitano, Alessandra Raffi.
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