Bersani: da Meloni vittimismo modello Trump

Francesca Schianchi - La Stampa
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Mario Rossi - La Repubblica

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Intervista a La Stampa

di Francesca Schianchi

«Giorgia Meloni è passata alle fase due del vittimismo, verso il modello Trump», commenta l’ex segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, il video con cui la premier ha dato notizia dell’atto comunicato dalla procura di Roma sulla vicenda Almasri. «Farsi nemici fantoccio, scagliargli contro smaccate bugie e rivolgere l’occhio torvo alla telecamera: è Trump!».

Lei dice: a chiunque nei miei panni cadrebbero le braccia.

«Abbiamo avuto negli anni una fila di ministri che hanno avuto pratiche al Tribunale dei ministri. Vuole un caso recente? Conte e Speranza, che in piena pandemia sono finiti dal Tribunale dei ministri alle procure su esposto di qualche fratello d’Italia. E non hanno fatto una scenata del genere».

Meloni insiste: l’atto della Procura non è dovuto ma voluto.

«C’è una strategia: accendere fuochi, riuscendo in quel video di due minuti a mettere 4 o 5 falsità sostanziali, per non pagare dazio su quello che è successo».

Intende Almasri liberato e riportato in Libia?

«Fatta la sceneggiata e deviata l’attenzione, resta il fatto che un torturatore è tornato con un aereo di Stato a casa. Ora io capisco i rapporti con la Libia, ma deve esserci un limite».

I primi a stringere rapporti con la Libia però siete stati voi del centrosinistra…

«Ma questa era un’occasione storica per dire alla Libia: noi vogliamo fare accordi, però non a qualunque prezzo. E invece l’abbiamo presa a rovescio. Se io accetto di rimandare i migranti in braccio a un criminale, sono un criminale anch’io».

Si riferisce al governo?

«Parlo per me. È una cosa inaccettabile, dopo che un Tribunale internazionale ti ha riferito accuse che fanno rabbrividire».

Ma anche con la Corte penale internazionale Meloni è stata sferzante: «curiosamente» emette il mandato di arresto quando Almasri è in Italia, dice.

«Ormai ci manca solo l’Onu a organizzare un complotto contro la Meloni! Ma su, penso che la Corte abbia altro di cui occuparsi che non dei problemi della Meloni».

Pure Prodi è stato tirato in mezzo come «molto vicino» all’avvocato Li Gotti. Le risulta?

«Mi immagino lo stupore costernato di Romano: credo non abbia mai scambiato una parola in vita sua con Li Gotti… Ma ormai è un emblema, da lì a diventare nemico fantoccio vien da sé».

E si torna all’eterno scontro della politica con la magistratura…

«Le persone normali non vedono nessuna risposta al malfunzionamento della giustizia: oggi per un’udienza serve più tempo di una Tac, e nemmeno puoi andare nel privato. C’è la sofferenza degli organici, sovraccaricati da una marea di nuovi reati, e a tutto questo non c’è risposta: si parla di separare le carriere, questione che tocca lo 0,2 per cento dei magistrati».

Una bandiera ideologica?

«Cerco di stare alla logica: vogliono costruire un superpoliziotto che passa la vita ad accusare? No, io credo che questo possa portare solo a dire a questa nuova figura quali sono le priorità dei reati».

Un controllo della politica sulle indagini?

«Diciamo la determinazione della politica delle priorità dei reati. E le loro priorità, lo si è visto, sono le rom con bambini e i manifestanti, mentre per politici e colletti bianchi vale il “lei non sa chi sono io”. Solo a questo può portare la separazione delle carriere».

A proposito di politici indagati: la ministra Santanché dovrebbe dimettersi?

«Qui siamo alla serie del Marchese del Grillo».

Io so’ io e voi non siete un c…

«Lei decide da sé, in piena autonomia, come applicare il principio di disciplina e onore con cui si ricopre una carica pubblica, dopo aver chiesto dimissioni a valanga per altri. Ma questa è la punta dell’iceberg di una cosa più profonda di questo governo».

Cioè?

«Comandiamo noi e i criteri li facciamo noi. E voi state zitti. Questo vuole dire il famoso “facciamo la storia”: bisogna prendere atto di uno scenario nuovo dove si muovono anche velleità autoritarie».

Mentre parliamo di tutto questo, sono arrivati dati sul Pil: fermo allo 0,5 per cento. Cosa vuol dire?

«Il potere d’acquisto delle fasce popolari è indebolito, non si è più recuperata quella botta di inflazione, le bollette spaventano la gente e l’industria perde colpi da due anni. La ruota non gira e loro negano: non gli si chiedono miracoli, ma di rendersi conto del problema e smetterla di deviare l’attenzione sempre su cose che non riguardano la vita della gente».

Cosa ne pensa dell’operazione Mps-Mediobanca con la benedizione del governo?

«Guardiamo ai fatti senza tifoserie e fuori dal derby Milano-Roma. Qui c’è un treno che parte da Roma, passa per Siena gira a Milano e ha come destinazione Trieste, le Generali. Su quel treno, caso più unico che raro, ci sono anche lo Stato e i contribuenti. Ecco, sul piano industriale è difficile vedere qualche valore aggiunto nel matrimonio tra due mestieri sostanzialmente diversi. E poi c’è un simpatico particolare: i privati sono su tutti e tre i tavoli. Quindi possono perdere la battaglia ma non i soldi».

A differenza dello Stato?

«Lo Stato è su un tavolo solo: può perdere o guadagnare. Mentre chi non perde sono i privati: per loro è un’operazione win win. O, se vuole, un maiale tutto di prosciutti».

Detto questo, Bersani, dov’è l’alternativa? Il nuovo dibattito aperto nel vostro campo è: andiamo soli e facciamo accordi alle elezioni solo sui collegi. La convince?

«Sarò testardo, ma secondo me bisogna ricordare che nel 2022, con 1,5 milioni di voti in più, abbiamo consegnato l’Italia alla Meloni: nella Valle di Giosafat ci verrà aspramente rimproverato. Ora pensare di arrivare a fare alleanze alla fine dopo aver marciato divisi significa sottovalutare la differenza del nostro elettorato da quello di destra».

In che senso?

«Al nostro elettorato basta un punto di principio non mediato o non risolto per farci perdere un milione di voti. Arrivare là in fondo senza costruire qualcosa di condiviso, senza dare un’anima all’alleanza è un errore che può essere drammatico».

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Lavoro e democrazia. Per una legge sulla rappresentanza.

Il 25 novembre si è tenuta a Roma la prima iniziativa di Compagno è il Mondo. Sono intervenuti tra gli altri: Pier Luigi Bersani, Maria Cecilia Guerra, Elly Schlein, Arturo Scotto, Michael Braun, Cristian Ferrari, Michele Raitano, Alessandra Raffi.
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