di Gabriella Cerami
«Sono stato letteralmente sommerso da messaggi, da tutta Italia, da persone che non sentivo da tempo. C’è nel Paese una domanda di rappresentanza in difesa della nostra storia antifascista». Il dem Federico Fornaro a tarda sera è ancora scosso. Si è commosso in Aula quando ha preso la parola per replicare a Giorgia Meloni che poco prima aveva detto di non riconoscersi nel Manifesto di Ventotene. Non poteva essere altrimenti per un deputato che alla passione politica unisce quella per la storia ed è autore di numerosi saggi dedicati alla Resistenza e agli anni del fascismo, da ultimo quello dedicato a Giacomo Matteotti, Giacomo Matteotti. L’Italia migliore.
A mente fredda, come legge le parole della premier?
«È stato un attacco premeditato, una provocazione voluta. Perché trasmettere l’idea di far passare il Manifesto di Ventotene come un qualcosa di scritto da piccoli bolscevichi significa stravolgere la storia, l’identità della Repubblica. L’avesse detto un capogruppo di maggioranza avremmo protestato, ma Meloni è la presidente del Consiglio ed è ancor più grave che lo abbia fatto alla vigilia del Consiglio europeo in una fase così difficile, complessa e drammatica. È un oltraggio, un oltraggio alla memoria».
Alla memoria di Spinelli, Colorni e Rossi?
«Noi siamo qui grazie anche a questi uomini e a queste donne. Il Manifesto di Ventotene esce dall’isola attraverso le donne. Se pensiamo che uno dei tre era Eugenio Colorni, un socialista che venne ucciso nel 1944 dai nazifascisti. Altiero Spinelli aveva già finito la sua esperienza critica nel partito comunista e aderirà poi al partito di Saragat. Ernesto Rossi è tra i fondatori del partito Radicale. Presentarli come novelli comunisti significa decontestualizzare».
Perché lo ha fatto?
«È un insulto anche al buonsenso. Non ce n’era bisogno, sono parole che testimoniano un ritardo della destra italiana. La traversata nel deserto di quella che è stata la cultura missina, poi di An e dopo di Fratelli d’Italia ha subito una frenata. Ho letto commenti beceri».
Una mossa politica?
«Spero sia solo ignoranza politica, sennò c’è da chiedersi quando questo mondo taglierà questo cordone ombelicale con la cultura della destra missina. Ciò che è successo ci riporta indietro, una destra moderna dovrebbe riconoscersi nei valori fondanti di questa Repubblica e nella cultura che ha espresso il Manifesto di Ventotene. Non è accettabile, a maggior ragione dalla presidente del Consiglio. Non era il momento».
È stato un modo per esasperare i toni?
«Non troppo tempo fa anche il presidente Mattarella si è recato a Ventotene e nessuno si sogna di mettere in discussione che alle fondamenta ci sia il Manifesto di Ventotene. Ora c’è stato l’arrivo di Trump, ci sono le vicende della guerra, c’è un mondo nel disordine più totale. Invece di riprendere quello che è il nocciolo duro ideologico del messaggio del Manifesto, che è contro i nazionalismi, si rischia così di ricadere negli errori».